La dott.ssa Enza Bruno Bossio, accusata dalla Procura di Lecce di avere redatto, insieme ad altri ispettori del Ministero dell’Industria, una relazione falsa a favore di un’azienda pugliese al fine di favorirne l’accesso ai finanziamenti della 488, è fuori definitivamente da questa inchiesta.
Nei confronti di Enza Bruno Bossio il Tribunale di Lecce ha infatti emesso una sentenza di “non luogo a procedere”.
Priva di ogni fondamento è dunque la notizia riportata dal blog Rete per la Calabria.
Enza Bruno Bossio esce, dunque da questa inchiesta, l’ennesima nella quale era stata coinvolta in questi anni, dopo l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” nella cosiddetta inchiesta Why Not.
Pian piano, dunque, la giustizia, quella vera, quella che si fa nei Tribunali e non nei talk show televisivi o sulle pagine dei giornali, sta restituendo onorabilità alla manager calabrese che in questi anni era stata al centro di un vero e proprio processo mediatico nel quale era stata individuata come la responsabile prima di tutto il malaffare calabrese.
Il tempo è galantuomo: lo stesso non si può dire di tutti coloro che, pur nell’evidenza della verità giudiziaria, continuano a mestare nel torbido.
Un processo mediatico che ha avuto dunque una vittima, Enza Bruno Bossio e tanti altri uomini e donne, ma anche un beneficiario primo, quel De Magistris che, sulla base di inchieste basate sul nulla, ha potuto costruirsi una carriera politica.
Un elemento di riflessione in più su quanto poco funzioni non solo la giustizia italiana, che consente a qualche PM in cerca di notorietà, di “distruggere” letteralmente una persona ma anche certo giornalismo gossipparo che alimenta un giustizialismo in cui principi fondamentali come diritto alla difesa e presunzione di innocenza vengono fatti letteralmente a pezzi.
Cosenza, li 16 gennaio 2011
Gabriele Petrone