(di Peppe Rinaldi dal quotidiano “Libero”)
C’è sicuramente lo zampino dei poteri forti. La massoneria deviata è sempre un must, ma pure le istituzioni e la magistratura serve del malaffare vanno bene per spiegare perché il mondo gira al contrario. Quel che è certo è che a Luigi De Magistris, un tempo pm, oggi eurodeputato Idv, non ne va una buona quanto ad esiti d’indagine. Parliamo, ovviamente, di quelle da lui avviate nel corso della «straordinaria carriera di magistrato finché non ho toccato colletti bianchi e poteri occulti» come da tempo dice. E scrive. Ma arriva la notizia dell’ennesima assoluzione «perché il fatto non sussiste» di suoi indagati. Si tratta di Bernardo Cirillo, dirigente dello Spisal (Prevenzione e igiene del lavoro) dell’Asl di Catanzaro; di suo figlio Giuliano, socio della Sial Service, azienda operante nello stesso settore; e di Giuseppe Grillo, amministratore della società. L’accusa per tutti era di concussione, peculato ed abuso d’ufficio. I tre, secondo quanto prospettato da De Magistris, avevano concorso all’utilizzo per fini privati di un dosimetro, cioè di un apparecchio per misurare l’esposizione delle persone alle radiazioni ionizzanti, oltre ad una serie di certificazioni, verbali ed altro redatti negli uffici Asl configuranti l’abuso d’ufficio contestato. A De Magistris, che il dosimetro si trovasse nella sede della Sial e tutto il resto, l’aveva detto più di 5 anni fa in un esposto, un dipendente in rotta di collisione con Cirillo senior, pare per un trasferimento mal digerito. L’allora pm, già al lavoro per la palingenesi della Calabria, non ci pensa su due volte ed iscrive i tre a modello 21, cioè li indaga formalmente: siamo al 5 maggio 2005, e giusto 6 mesi dopo (il 10 novembre) manda a perquisire casa, uffici, sedi legali e operative degli indagati. Solita scena: alle 6 del mattino i carabinieri piombano nei luoghi individuati ed iniziano il lavoro. Troveranno ogni cosa al proprio posto, il dosimetro era là dove doveva stare, cioè nell’ufficio Spisal. Cambierà poco, De Magistris, si sa, non guarda in faccia a nessuno, neppure a quell’apparecchio probabilmente mai mossosi di un centimetro: e le indagini proseguono, i giornali ci campano per un po’, l’ex pm spiana la strada. La sua. Il 23 luglio 2008, prima del patatrac e già in piena tempesta Why Not, Poseidone, firma la conclusione delle indagini, ribadendo le accuse depurate della sola concussione. Fino al maggio 2010, quando il Gup li proscioglie dall’abuso d’ufficio, arrivando poial giugno successivo, quando decide di non accogliere la richiesta del nuovo pm (Dominijanni)) di assolverli dal peculato «per insufficienza di prove». Il Gup ha fatto di più: assoluzione per non aver commesso il fatto. Al taccuino di Libero, Bernardo Cirillo, che è pure consigliere comunale Pd a Catanzaro, dice convinto: «Sono di sinistra da sempre ma non compro più L’Unità da quando ci scrive un ex procuratore convinto di essere al di sopra della legge. Dico che è tempo di vergognarsi».
Qualcuno avvisi Conchita, una copia è pur sempre una copia. Di questi tempi poi.
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