Venti anni per un processo civile, fino a 15 per uno penale
PEPPE RINALDI ( Calabria Ora )
Se per la definizione di un processo penale in Italia oc- corrono in media 3,7 anni, qui in Calabria la durata si raddoppia: arriviamo quasi a 7 anni (precisamente 6,9). Parliamo di durata media, si badi bene. Nessuna novità in questi dati aggiornati e diffusi sul finire dello scorso anno da Cittadinanzattiva: tutti, o quasi, i cittadini italiani sono consapevoli che entrare nei meandri del sistema giudiziario significa imbarcarsi su una nave che non si sa dove e quando andrà a sbarcare. E, soprattutto, come. In queste ore di rinnovata palpitazione a causa dell’allarme lanciato dall’Associazione nazionale magistrati sul taglio al sistema informatico degli uffici (allarme tecnicamente rientrato nella giornata di ieri per l’immediato intervento del Guardasigilli), rischia di passare in secondo piano ciò che da più parti viene indicato come il punto centrale della sofferenza del settore. La durata dei processi, appunto. Ma, in Calabria in particolare e nel Mezzogiorno in generale, le cose assumono il contorno della beffa che si aggiunge al danno: cioè la disparità tra nord e sud anche su questo terreno. In parole povere: se il sistema fa acqua nel Paese, qui c’è il diluvio. C’è da riflettere su questi dati, ed anche molto seriamente. Vediamo perché: servono 7 anni di media per chiudere un processo penale in Calabria, vero, ma la punta massima della durata sfonda la soglia dei 15 anni. E’ il 17,5% delle cause penali a toccare questo non invidiabile record, cioè su 100 processi in corso, circa 18 dureranno 15 anni mentre la restante percentuale si assesterà su quella infausta media. Nel processo civile la situazione non cambia granché, anzi: 9,7 anni è la durata media di un processo calabrese, mentre è di 7,1 perciò che riguarda il settentrione. Durata media. E la punta massima? Scartando alcuni casi “storici” di processi iniziati addirittura agli albori del secolo scorso (un paio in Campania e 3 in Sicilia) il 16,5% dei procedimenti civili può andare avanti fino a 20 anni. Sembrano barzellette ma è tutto vero. Quattro lustri per sapere come finisce sembra davvero uno sproposito, quasi simile alle argomentazioni di chi si ostina ad opporsi ad ogni tentativo di riformare un sistema che, evidentemente, ha più di una lacuna e più di n problema. Infine, per quanto riguarda la giustizia del lavoro, in Calabria sono necessari circa 35 mesi per veder conclusa una controversia, mentre, per quanto riguarda i fallimenti veri e propri, il 42% di quelli dichiarati nel 2001 risulta ancora aperto dopo quasi 10 anni. Tempi assurdi che hanno conseguenze dirette, oltre che sull’esistenza di chi è costretto ad avere a che fare con un palazzo di giustizia nostrano, anche sulle casse dello Stato: l’Italia è infatti il paese dell’Europa occidentale che subisce le maggiori sanzioni (4.219.139 euro, secondo i dati relativi al 2009) dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, soprattutto per l’eccessiva durata dei procedimenti. Stanno meglio di noi Polonia, Georgia, Moldavia, Serbia e Slovenia. Ora: sarà vero che la politica non fa la propria parte; sarà vero che la complessità del sistema criminale calabrese (e del sud in genere) rende tutto più difficile e pesante; sarà vero che mancano gli organici, che il personale è ridotto, che c’è un problema di qualità dell’impiego amministrativo; sarà, ancora, vero che le dotazioni tecniche in uso agli uffici giudiziari sono costose e non sempre abbordabili dal personale in organico; sarà, insomma tutto vero, quel che da mane a sera sentiamo ed osserviamo sul terreno dei cosiddetti mali della giustizia. Detto questo, però, un pezzo di responsabilità va anche diviso con i principali attori della categoria: i magistrati. Un pezzo pure importante, altrimenti si rischia di falsare la discussione e non si rende giustizia (manco a dirlo) al problema stesso. Se negli ospedali le cose non funzionano, avranno o no qualche responsaiblità pure i medici? Perché non dovrebbe valere lo stesso percorso logico in magistratura? Ad esempio: è vero o no che la carenza di danaro è determinata pure dal disinvolto utilizzo di mezzi tecnologici costosi? Qualcuno ha mai sentito parlare di intercettazioni? La Calabria, poi, ne ha avuti di esempi del genere: processi che sembravano stessero scardinando il malaffare una volta per tutte, salvo poi finire nell’insopportabile nulla di scarsi e mesti numeri. Milioni di euro gettati alle ortiche, intere famiglie devastate senza un credibile perché (?) e via dicendo. Questa terra, nella sua splendida particolarità, soffre anche di questo: e bisogna dirlo, scriverlo.
Se no, non ci sarà più una Calabria.