Elvira Madrigrano( da “La Gazzetta del Sud”)
Le donne del Duemila sono rappresentate come degli oggetti di lusso da conquistare, da stendere sul cofano dell'auto sportiva e sfoggiare all'occorrenza; la vana bellezza propinata da giornali e tv che ha ridotto la donna ad oggetto non ha scandalizzato nessuno per decenni. Da Cleopatra a Madame de Pompadour, tante sono le donne della storia che hanno sfruttato il proprio corpo o semplicemente l'amore per ottenere favori, beni di lusso, e in alcuni casi arrivare al potere. Viceversa, tantissime sono state le donne che, negli anni Sessanta, sono scese in piazza per reclamare dignità, pari opportunità e libertà sessuale. Quella libertà sessuale tanto attesa e tanto voluta oggi per molte donne è un problema: lede la loro dignità. Oggi, sull'onda del Ruby-gate si è costituita una mobilitazione generale, molte donne scenderanno in piazza, domenica, per chiedere ai “signori uomini” di restituire loro rispetto e dignità. Un paradosso della società postmoderna. Mille passi indietro rispetto alle lotte portate avanti dal movimento femminista. L'essere donna non si può raccontare in poche parole, piuttosto è un senso di appartenenza equivalente all'essere uomini liberi. Spetta alla coscienza e ai valori di ognuna dimostrare di essere una donna e non un mero oggetto sessuale. Tante le donne professioniste, impegnate in politica e madri di questa opinione. Valentina Spizzirri giovane avvocato del foro cosentino pur partendo dal presupposto che la libertà, anche quella di manifestare, è un diritto di tutti, in merito alla dimostrazione pubblica di domani dichiara: «Io sono donna tutti i giorni e non devo renderlo noto scendendo i piazza. La mia dignità la tutelo attraverso i miei valori e il mio lavoro» .Dello stesso parere la giornalista Manuela Iatì, la quale considera poco fruttuose le manifestazioni di piazza soggette a facili strumentalizzazioni, e precisa: «La dignità si ha dentro a prescindere da qualsiasi uomo. Mi vergogno per le ragazze che utilizzano il proprio corpo come merce di scambio, passano come povere innocenti, in realtà hanno compiuto la loro scelta». L'imprenditrice cosentina Donatella Torchia, una delle poche donne in Italia a lavorare nel settore della progettazione ed installazione di impianti elettrici, afferma: «Come imprenditore e donna non mi sono mai riferita al sesso per fare carriera, ho dimostrato di valere avvalendomi esclusivamente delle mie qualità intellettive». Enza Bruno Bossio, che di battaglie in piazza ne ha fatte tante, si dichiara in assoluto disaccordo con le motivazioni della manifestazione: «Contraria perché dopo anni di lotta non si possono giudicare i comportamenti sessuali di nessuno, se sono stati commessi dei reati devono essere dimostrati dai giudici in tribunale». Sull'argomento aggiunge: «Gli uomini di sinistra non sono così diversi da quelli di destra. Il caso Ruby è un modo per distrarre i cittadini, non sento un politico dell'opposizione parlare dei problemi che attanagliano e bloccano la crescita del Paese».
Tanti sono i problemi che meritano indignazione e per i quali gli italiani dovrebbero scendere in piazza. «Manifestiamo per restituire dignità alle istituzioni piuttosto che per difendere la dignità delle donne» asserisce la giornalista Marisa Fallico che si definisce «una donna di sinistra che quotidianamente dimostra di essere una valida professionista svolgendo al meglio il proprio lavoro». Garantire il reddito minimo a tutti, tenere alta l'attenzione sul divario tra nord e sud, la violenza sulle donne: questi solo alcuni dei temi suggeriti dalle professioniste intervistate per i quali si dovrebbe manifestare. Alla lista ci permettiamo di aggiungere la precarietà morale e materiale, vera piaga del ventunesimo secolo che coinvolge indistintamente uomini e donne.