RIFORMA GIUSTIZIA: IL MOMENTO DELLA VERITA’ PER IL PD

Marco Cavallotti dal sito “Il Legno storto”

Finalmente. L’impianto di una riforma della Giustizia è stato definito e presentato. Qualcuno che non ha ancora capito che sulle proposte vere si deve rispondere con argomenti veri, e non con vaniloqui che denunciano la violazione di una Costituzione che si vuole appunto modificare, o con il benaltrismo di chi non vede che il pessimo funzionamento della Giustizia non sta solo nei ritardi biblici, nelle omissioni, nelle approssimazioni, ma anche nello stesso suo impianto, che ha consentito fra l’altro che si arrivasse ad un vero e proprio conflitto permanente e gravissimo fra legislatori, amministratori e gruppi di magistrati organizzati politicamente. In verità, chi avesse voluto far del benaltrismo con fondamento avrebbe potuto rilevare la assoluta inadeguatezza culturale dei contendenti: talché comunque le speranze di migliorare davvero la Giustizia in Italia restano ancora vaghe e lontane. Parlamentari, amministratori e magistrati, con le ovvie ma non numerose eccezioni, mostrano – anzi, esprimono, come è ovvio – la crisi profonda di sapere, di serietà, di rispetto per il proprio ruolo che ha colpito tanta parte degli Italiani. Comunque vada, un passo importante è stato fatto, e proponendo provvedimenti che ben difficilmente potrebbero apparire strumentali, finalizzati alla “sopravvivenza” di questo o di quel personaggio, proiettati come sono su un arco di tempo lungo, visti gli adempimenti necessari. E altrettanto difficilmente potrebbero sembrare strani o cervellotici: sono quelli che rendono il nostro sistema giuridico più simile agli altri europei, sono gli stessi che una commissione parlamentare a maggioranza di sinistra aveva elaborato. Rimangiarseli ora e definirli frutto di una cultura “fascista” è sempre possibile – tale è l’impudicizia di molti esponenti dell’Opposizione. Ma non credo che gli elettori abbiano una memoria tanto corta. Resta un rimpianto e un interrogativo: vista la natura e il carattere dei provvedimenti proposti, assolutamente non definibili “ad personam”, mentre sembra legittimo chiedersi perché proporli ora e non due anni fa, quando il clima politico era assai meno deteriorato. Tanto più che sembra di intendere che lo stesso Fini ed i suoi, ritenuti probabilmente a ragione grandi “amici” di questi magistrati, ora finiranno per appoggiare la riforma. A meno che questa sua decisione non rappresenti la sua ennesima giravolta, vista la mala parata.

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