di Peppe Rinaldi
A distanza di quasi ventiquattro mesi, Luigi De Magistris incassa un’altra assoluzione. Le accuse erano più o meno le stesse, il palazzo di giustizia e il magistrato giudicante si leggano, invece, senza il “più o meno”. A Salerno venne assolto nell’aprile 2009 dall’accusa di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto istruttorio e, sempre a Salerno, giovedì pomeriggio intorno alle 14 è stato emanato il dispositivo della sentenza di assoluzione dall’accusa di omissione d’atti di ufficio «perché il fatto non sussiste». Maria Teresa Belmonte era il Gup di due anni fa, Maria Teresa Belmonte è (stato) il presidente della I sezione penale che l’ha scagionato. Maria Teresa Belmonte era la cognata di Michele Santoro (è moglie del fratello Giocondo, avvocato del locale foro) due anni ed è la cognata di Michele Santoro ancora oggi: questione “tabellare” due anni addietro, questione tabellare l’altro giorno. Un puro caso. De Magistris era accusato di non aver compiuto il proprio dovere di magistrato all’epoca in cui faceva il pm a Catanzaro: un commerciante di Nardò, in provincia di Lecce, Luigi Stifanelli, l’aveva denunciato per il suo preteso rifiuto di approfondire le indagini a carico di due magistrati potentini, Ianuario e Iannuzzi, successive proprio ad un suo esposto. Iannuzzi è uno dei magistrati “parti offese” nel procedimento Toghe Lucane: nel senso che era una delle vittime del complotto individuato da De Magistris (che l’aveva interrogato più volte a sostegno delle proprie tesi accusatorie) all’epoca della pirotecnica inchiesta in Basilicata. Un complotto che, come s’è visto, non c’è mai stato se non nelle duecentomila pagine (proprio così, duecentomila pagine) dei falconi e nella mente dell’oggi aspirante sindaco di Napoli. De Magistris aveva chiesto l’archiviazione, l’esponente si era opposto. Il Gip dell’epoca, ritenendo fondata l’opposizione, ordinò al pm, cioè a De Magistris, di andare avanti con le indagini. Cosa che non fece, richiedendo una seconda archiviazione. Una volta arrivati gli incartamenti a Salerno (luogo competente per legge quando magistrati del distretto di Catanzaro vengono sfiorati da indagini giudiziarie) il gip Dolores Zarone il 12 ottobre 2010 dispone il rinvio a giudizio dell’ex collega. Nella seduta del 21 marzo scorso il pm Carmine Olivieri rilancia e chiede la condanna di De Magistris, tra l’altro, presente in aula: «Io mi sono difeso nel processo e non dal processo» ha fatto sapere via FaceBook appena appresa la notizia. Aggiungendo, ovviamente, di aver pagato «sulla mia pelle la ferocia di pezzi deviati dello Stato, a cui non piace la magistratura autonoma e indipendente, non piegata e suddita al potere politico». Pezzi deviati dello stato? Magistratura indipendente ed autonoma? Ma come, un commerciante di Nardò aveva tutto ‘sto potere? Misteri italiani. Di Pietro si è rallegrato dell’assoluzione anche se pochi credono che ne fosse per davvero convinto: si sa, l’ex pm di Mani Pulite aspetta il momento opportuno per liberarsi dell’ex pm di Why Not, Toghe Lucane, Poseidone e mille altre indagini-flop. Roba tra ex pm insomma. Michele Santoro? Be’, chi ha visto l’ultima puntata di Anno Zero, un’idea se la sarà fatta. Marco Travaglio? Ecco, diciamo che il suo evidente complesso di inferiorità nei confronti di Giuliano Ferrara continua a dominare le sue emozioni (sì, Travaglio prova emozioni): in un editoriale de “Il Fatto” pubblicato all’indomani della sentenza d’assoluzione del suo vecchio amico, dal titolo “De Magistris assolto, qualcuno avverta Ferrara” ha sciorinato uno dei soliti mattinali da caserma. Peccato si sia dimenticato di un piccolo particolare. Quale? Il nome del giudice che ha giudicato. Nulla di scandaloso, in Italia succede anche di peggio. Ma, a parti rovesciate, chissà cosa sarebbe successo se a giudicare, magari lo stesso Ferrara, ci fosse stata la cognata di Veronica Lario.