Se non abbiamo male interpretato le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni dai due protagonisti, tra l’ex pm di Catanzaro (ed ora parlamentare europeo dell’IdV) Luigi De Magistris ed il (non solo) suo consulente informatico Gioacchino Genchi non tira una buon’aria. E tra i due comincia il rimpallo di responsabilità. Motivo del contendere l’accusa di aver acquisito, elaborato e trattato illecitamente i tabulati telefonici di otto parlamentari della Repubblica senza chiedere l’autorizzazione alle due camere. E poi anche l’accusa di concorso in abuso di ufficio, perché «agendo tra loro con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso arrecavano intenzionalmente un danno ingiusto (a quei parlamentari, ndr) consistente nella conoscibilità di dati esterni di traffico relativi alle loro comunicazioni». In sede di interrogatorio, De Magistris ha tenuto a precisare che «avendo maturato una lunga esperienza come pm mai avrei consapevolmente disposto l’acquisizione dei tabulati di un parlamentare (…) Mi fidavo della professionalità di Genchi e mai avrei potuto sospettare che le utenze indicatemi da lui fossero dei parlamentari». Genchi, invece, sostiene che allora non si sapesse che quei numeri telefonici appartenessero a dei parlamentari, e quando si è scoperto è stato fatto presente al pm (De Magistris) che si è regolato per conto suo. Come andrà a finire la vicenda giudiziaria lo vedremo. Di certo, però, qualcosa non torna perché, ad esempio, fa anche bene un pm a “fidarsi della professionalità” di un suo consulente, ma è anche altrettanto vero che è un suo preciso dovere vigilare sulle attività dello stesso: fiducia o non fiducia. Nella fattispecie, invece, sembra quasi che l’ex pm abbia lasciato ‘mano libera’ al suo consulente il quale, a sua volta, ribalta la vicenda sostenendo De Magistris fosse stato messo a conoscenza della situazione e che lo stesso si è “regolato per conto suo”. Riepilogando. L’ex pm non ha controllato lo svolgimento delle attività da parte del consulente da lui stesso nominato; quest’ultimo, a sua volta, ha controllato utenze telefoniche che non poteva per legge controllare ma sostiene che chi gli ha commissionato l’incarico (appunto De Magistris) era stato messo a conoscenza degli sviluppi del lavoro investigativo effettuato. Chi tra i due ha raccontato il vero dovrà stabilirlo il Tribunale: di certo, l’altro, avrà qualche gatta da pelare.
Alla presentazione del libro “L’inganno. Antimafia, Usi e soprusi dei professionisti del bene” di Alessandro Barbano
A Napoli nell’atmosfera del Teatro San Carlo, Alessandro Barbano parla del suo