di Emanuele Macaluso da “Il Riformista”
Lo scontro sul ruolo dei magistrati nella vicenda politica italiana coinvolge ormai tutte le istituzioni e non si vede uno sbocco. Anzitutto occorre fare una premessa per capire quel che sta avvenendo. Fenomeni criminali come la mafia e la camorra sono sempre stati intrecciati con la politica e con le strutture pubbliche. Basta leggere le inchieste parlamentari che dopo l’Unità d’Italia sono state fatte in Sicilia (la prima è del 1866) per capire che l’intreccio mafia-politica è antico. E il ruolo che ha avuto la magistratura, in negativo o in positivo, per sciogliere questo intreccio è stato sempre al centro dello scontro politico. Le roventi polemiche di Salvemini e Napoleone Colajanni nell’età giolittiana sono le più note, ma non le sole. Nel dopoguerra, negli anni del centrismo gran parte della magistratura stava col governo. Sono gli anni in cui la mafia era organicamente uno strumento del potere politico. E le polemiche furono aspre.
Anche il fenomeno della corruzione ha sempre messo in discussione il rapporto tra giustizia e politica. Non c’è bisogno di scomodare la storia per ricordare, anche in questo campo, gli anni del silenzio-assenso di tanta parte della magistratura. Poi le cose sono cambiate.
I mutamenti politico-culturali che negli anni sessanta – settanta hanno investito la società coinvolsero anche la magistratura. Ricordate le polemiche sui “pretori d’assalto” e la nascita di Magistratura democratica?
Il fenomeno non coinvolse solo quell’associazione ma l’insieme della magistratura: ricordo che due magistrati che imposero una svolta nel tribunale di Palermo, Cesare Terranova e Gaetano Costa, (assassinati, il primo nel 1979 e il secondo nel 1980), non aderirono a Magistratura democratica. Ho ricordato questi precedenti per dire che non stupisce il fatto che nella situazione di oggi sia riemerso il tema dei rapporti tra politica e giustizia, e le inevitabili polemiche nei comportamenti dei magistrati. Tuttavia, in questo quadro, stupisce l’aggressività del presidente del Consiglio contro la magistratura o parte di essa, le “toghe rosse”. Chi sono le “toghe rosse”? Ricordo che nel 1979 un giornale siciliano pubblicò un articolo per dire che la nomina di Terranova a giudice istruttore, mentre Costa era già procuratore capo, significava consegnare il tribunale alle “toghe rosse”. Furono puniti, fucilati. Oggi tutto va bene? No, proprio no. Sono convinto che nel nuovo corso della magistratura sono emersi distorsioni preoccupanti e occorrono riforme serie e meditate. Ma la campagna forsennata del Presidente del Consiglio e il servilismo dei suoi soci, ha creato un clima irrespirabile, in cui non è possibile discutere: o ti schieri col Cavaliere “perseguitato”, o con i magistrati “persecutori”. Non c’è spazio per nessuno. Le Camere penali in questi giorni hanno fatto proposte su cui discutere: non trovano interlocutori..
Il guaio è che non si intravede uno spiraglio. Ora tutti aspettano l’esito delle elezioni per capire se qualcosa cambia. Aspettiamo e speriamo (poco!).
Alla presentazione del libro “L’inganno. Antimafia, Usi e soprusi dei professionisti del bene” di Alessandro Barbano
A Napoli nell’atmosfera del Teatro San Carlo, Alessandro Barbano parla del suo