Quello di Enza Bruno Bossio, affermata manager di aziende e membro della Direzione Nazionale del PD, è un grido di gioia: “Finalmente sono uscita da un incubo”.
Difficile darle torto dopo quanto ha passato in questi anni, additata quale centro di chissà quali oscure trame affaristiche nella sua Calabria.
“Assolta perché innocente e non innocente perché assolta”, grida ai quattro venti Enza Bruno Bossio.
A dire il vero, in questi anni, la sua voce, il suo urlo non era mai mancato, gridato in faccia al mondo, anche a chi, magari, le raccomandava maggiore prudenza.
Enza non ci stava a passare per quella che non era mai stata. Ed oggi la conferma avviene anche nel processo, quello da cui la manager calabrese non ha mai inteso sottrarsi.
Una vicenda paradossale quella in cui era stata coinvolta e per quattro anni processata mediaticamente. Accuse senza fondamento, dicono oggi i giudici dell’appello di Catanzaro.
L’ennesimo flop per il PM di Why Not, quel De Magistris che grazie al clamore mediatico di quelle inchieste oggi ridotte praticamente a zero dopo aver ipotizzato fantasiosi scenari criminali, logge massoniche mai esistite, si gode il successo politico prima come parlamentare europeo e oggi come Sindaco di Napoli.
Una vicenda paradossale, che ha rischiato di distruggere la vita di una donna e di una madre. Una donna che non ha mai cessato di avere fiducia, soprattutto nella sua innocenza. “Dunque esiste il merito dei processi che si svolgono nelle aule dei tribunali, che sono altra cosa dei processi mediatici che condannano le persone sulla piazza prima ancora di essere giudicate da chi è preposto a questo compito”, dice ancora Enza Bruno Bossio.
E noi siamo felici per lei, ma non possiamo non continuare a rilevare che in questo sistema qualcosa non funziona se una donna innocente è stata condannata nelle piazze prima che la giustizia, quella vera, quella del e nel processo, dicesse che era tutta una balla.
