Quelli appena trascorsi sono stati forse i giorni più difficili per il PD che è entrato in una crisi assai grave che si è riversata sulle istituzioni proprio nella delicata fase della elezione del Presidente della Repubblica. Le dimissioni di Pier Luigi Bersani hanno rappresentato il punto più alto di questa crisi.
Per questo motivo ho creduto necessario convocare una riunione di dirigenti e militanti del partito al fine di fornire una testimonianza diretta di questi giorni convulsi e aprire una discussione che ci consentisse di valutare insieme la nuova fase che si apre dopo la rielezione di Giorgio Napolitano e l’incarico al vicesegretario del PD Enrico Letta di formare il governo. E’ stata una riunione intensa, con numerosi interventi da cui sono emerse valutazioni preoccupate e fortemente critiche sul modo con cui sono state avanzate e poi bruciate le candidature di due fondatori del PD, Franco Marini e Romano Prodi. Tutti hanno stigmatizzato il ruolo di quei grandi elettori che hanno votato, in tutte e due le occasioni in maniera difforme rispetto alle indicazioni assunte collegialmente nelle riunioni del gruppo. Che partito è, hanno detto in molti, quello in cui salta ogni vincolo di solidarietà interna, in cui si afferma solo la propria individualità e il narcisistico scimmiottamento delle posizioni urlate in improbabili “piazze” virtuali o reali che siano ? E perché, hanno aggiunto tanti altri, se l’esito necessario ( e al punto in cui siamo ineludibile) è quello che ci vedrà comunque concorrere alla formazione di un governo insieme al centrodestra (vista la più volte annunciata e dimostrata indisponibilità dei grillini ad assumersi una qualsiasi responsabilità) questa soluzione non si è perseguita prima, con maggiore convinzione e, magari, in una posizione di maggiore forza contrattuale? Tutti gli intervenuti hanno condiviso, infatti, la necessità di dare un governo ad un Paese che vive una condizione economica e sociale sempre più drammatica, soprattutto qui, nel Mezzogiorno e in Calabria. Da tutti è venuto l’auspicio che Enrico Letta ce la faccia a formare il governo pur tra le mille insidie e difficoltà che certamente ha davanti. Un governo che faccia la riforma elettorale e magari metta in campo, finalmente, una riforma istituzionale ormai improcrastinabile per chiudere finalmente con la lunga transizione italiana e dare un assetto stabile alla democrazia italiana. Un governo che dia nuovo senso e dignità alla politica, come ha richiamato nel suo discorso Giorgio Napolitano. Ma anche un governo che affronti con rapidità e autorevolezza politica il tema delle risorse finanziare necessarie entro giugno a rispondere alle esigenze dei cassintegrati in deroga dei lavoratori socialmente utili ed esodati. Quindi un governo in grado di trattare con l’Europa per un allentamento vitale dei vincoli dell’austerità, in grado di affrontare una politica di sviluppo che si ponga il problema della riorganizzazione dei costi degli ammortizzatori sociali, di dare risposte ad un’esigenza sociale ma anche ad un incremento dei consumi che aumenti la domanda interna e attivi una risposta finalmente non recessiva alla crisi. Tutti hanno chiesto, infine, più partito, un partito forte, un vero soggetto collettivo, autonomo, capace di assumere decisioni e di portarle avanti con coerenza nelle istituzioni per il bene dei cittadini, bene che non sempre coincide con ciò che si urla nelle piazze o sui social network. Un partito finalmente riformista che rifugga fino in fondo le pulsioni populiste e massimaliste che ci condannano solo all’immobilismo e alla incongruenza come questi giorni hanno purtroppo dimostrato. Devo dire che è stata davvero una bella riunione. Una riunione con la “base” del partito che dà una rappresentazione ben diversa da quella che spesso appare nella pubblicizzazione. Un partito che vuole esserci, contare e, soprattutto, essere un partito, con le sue regole che vincolano tutti ad un obiettivo comune, dall’ultimo iscritto al primo dirigente. E’ troppo chiedere questo ? hanno detto tutti. E io sono d’accordo con loro.
La mia intervista per Il Riformista sulle sfide del nuovo PD: battersi per una giustizia giusta
Il nuovo PD si batta anche per il diritto alla giustizia giusta.