Premesso che: avrei voluto ad ogni costo un governo senza il PdL. Non un governo massimalista ma un governo riformista con la contraddizione che la maggioranza avremmo dovuto cercarla anche tra i massimalisti. Pur avvertendo questa contraddizione ho appoggiato incondizionatamente e con convinzione la linea di Bersani. Avrei voluto che Napolitano avesse consentito di verificare la maggioranza anche al Senato, anche per provare a rompere l’aggregazione massimalista. Avrei voluto con più chiarezza, quando è stato proposto Marini, discutere di una rosa di nomi e come e intorno a chi costruivamo una maggioranza nelle prime ma anche nella quarta votazione. E avrei voluto capire meglio perché abbiamo abbandonato Marini. Nel momento in cui si è scelto Prodi, e si è di nuovo rovesciata una linea avrei voluto, aldilà delle ovazioni e delle alzate di mano, di nuovo discutere con quale maggioranza si andava ad eleggere Prodi, visto che non c’era nemmeno Scelta civica sulla proposta e il M5stelle non si sarebbe spostato dalla proposta Rodotà. Avremmo potuto votare Rodotà? Forse, ma nel frattempo la valanga era partita. E la cosa più grave che tutti noi siamo diventati traditori con una vergognosa distinzione nelle votazioni tra Marini e Prodi.
Ci sono stati varii errori ma non ci sono traditori, è un concetto integralista che non condivido. Che ha anche alimentato qualunquisticamente una valanga che era già partita e ci ha travolti tutti. E non importa se qualcuno di noi ha fatto, nonostante le proprie convinzioni, il proprio dovere. La valanga ci ha travolti e l’accettazione da parte di Napolitano ci ha solo fatto prendere respiro, ma siamo fuori appena con la testa.
Tutto ciò premesso: io ho detto nelle consultazioni che a questo punto avrei votato un governo con qualunque ministro del PdL. Non c’è contraddizione. Non si può andare al voto. Non perché abbiamo paura di perdere. Ma perché dobbiamo fare delle scelte immediate che risolvano alcune urgenze sociali ineludibili. Io voterò questo governo, ma non continuerò a farmi travolgere dalla valanga. Voterò la fiducia ma non voterò le fiducie. Non accetterò le giustificazioni del governo Monti. Non accetterò l’esclusione del Mezzogiorno non come questione locale, ma come area decisiva di esplosione delle contraddizioni della crisi. È un gesto disperato ma non casuale quello dell’attentato davanti a Palazzo Chigi. Votando la fiducia a questo governo ognuno di noi parlamentari ci metterà la faccia, per questo dobbiamo subito: 1. Negoziare con l’Europa il vincolo della politica dell’austerità 2. Attuare il decreto imprese 3. Recuperare 1,5 miliardi per esodati e cassaintegrati 4. Avviare un percorso per un nuovo welfare 5. Salario minimo ( per gli occupati) e reddito minimo per i disoccupati 6. Legge elettorale per ridurre i costi della politica e affermare con nettezza la democrazia dell’alternanza. Tutto questo deve avvenire in tempi necessari ma rapidi per recuperare pienamente il ruolo di partito riformista alternativo e vincere perché abbiamo saputo governare.
Alla presentazione del libro “L’inganno. Antimafia, Usi e soprusi dei professionisti del bene” di Alessandro Barbano
A Napoli nell’atmosfera del Teatro San Carlo, Alessandro Barbano parla del suo