Ieri ho partecipato al convegno svoltosi presso il Liceo “Pitagora” di Crotone sul tema “Democrazia paritaria. Voto di genere norma di civiltà”. L’iniziativa aveva lo scopo di illustrare la proposta di legge che introduce la doppia preferenza di genere, così come avviene in altri consigli regionali come quello campano e nelle elezioni amministrative dopo la riforma del 2012.
Parlare di parità di genere nel sistema di voto per l’elezione del Consiglio Regionale non è soltanto un’occasione per introdurre il giusto principio dell’equilibrio della rappresentanza tra uomini e donne nelle istituzioni ma significa segnare un altro passo in avanti nel cammino delle pari opportunità e dei diritti delle donne. Un cammino cominciato negli anni ’60 e ’70 quando alle donne era concesso, praticamente, soltanto il diritto di poter votare ma le istituzioni e tutto il sistema sociale rimanevano invece un affare quasi esclusivamente maschile.
E’ stato a partire dagli anni ’70 che in Italia si è proceduto, grazie alle grandi battaglie femministe, allo smantellamento progressivo di una legislazione basata sul principio della diseguaglianza tra sessi, sull’ostacolo culturale costituito dal non riconoscimento della diversità delle donne. Non è stato un cammino facile se pensiamo che solo nel 1996, cioè appena diciotto anni fa, il parlamento italiano ha approvato la legge che dichiara lo stupro un reato contro la persona e non più contro la morale.
Eppure la diversità femminile continua a non essere compresa, a non essere accettata. Le donne continuano a subire violenza o ad essere uccise, come la nostra conterranea, Fabiana, semplicemente perché vogliono essere autonome, non dipendenti. Ecco perché aver approvato nelle settimane scorse nuove norme sul femminicidio è una condizione necessaria ma non sufficiente per rompere stereotipi e pregiudizi dell’educazione sentimentale di tanti giovani. Una educazione basata sul concetto di possesso, di caccia, di lotta ma anche sulla profonda insicurezza che spinge a non accettare ciò che è diverso da sé e a cercare di annientarlo semplicemente perché è diversamente autonomo. D’altro canto la lotta per la parità di genere e per il riconoscimento delle diversità è solo parte di quella più generale per la conquista di nuovi diritti, primo fra tutti quello ad una esistenza dignitosa.
In Parlamento stiamo lavorando proprio su questo tema della educazione di genere nelle scuole perché senza di essa qualunque legge potrà solo limitarsi alla repressione ma non riuscirà ad incidere nella cultura sociale. E’ questo il motivo per il quale ho accettato con entusiasmo quando mi avete proposto di venire qui a Crotone a parlare nella vostra scuola sul tema di una legge elettorale che vuole spingere proprio su questi temi della parità e del riconoscimento della diversità di genere. Personalmente ho presentato una proposta di legge analoga per introdurre la preferenza di genere anche alle elezioni europee e dobbiamo batterci affinché anche in Calabria il prossimo consiglio regionale sia eletto con una legge che è già vigente in altre regioni e nelle elezioni comunali. Una legge, badate bene, che non c’entra niente con le “quote rosa”. Alle donne non bisogna offrire riserve protette ma parità di opportunità, vale a dire la possibilità di essere elette al pari dei loro colleghi uomini. Sapendo che il tema del potere non si risolve certo con una legge sulla parità di genere, così come una legge, di per sé, non può impedire né gli stupri né il femminicidio.
La legge deve servire a creare un nuovo contesto culturale di reale parità di opportunità, affinché gli uomini accettino il loro nuovo ruolo e tra generi (ed anche tra generazioni) si possa finalmente svolgere una competizione vera. Perché, se non è detto che le donne siano meglio degli uomini o che i giovani lo siano dei vecchi, comunque a donne e giovani è necessario dare il diritto di poterlo dimostrare.
RASSEGNA STAMPA
Ansa del 14 gennaio 2014
L’Ora della Calabria del 15 gennaio 2014