Oggi a Paola ho partecipato ad una bellissima manifestazione del Partito Democratico per celebrare il 25 aprile. Bello e appassionato è stato l’intervento di Rosy Bindi.
“Il 25 aprile – ha detto – ci dà l’occasione di parlare della Calabria, che svolse un ruolo tutt’altro che marginale nella lotta per la liberazione dal nazifascismo, nonostante la vulgata secondo la quale essa riguardò soltanto il Centro-Nord. Lo dimostra il grande contributo in termini di sacrificio dei tanti calabresi che parteciparono alla guerra partigiana e che soffrirono le persecuzioni e la prigionia nei campi di concentramento. Ma come non ricordare che proprio qui in Calabria e in particolare nella provincia di Cosenza fu liberato il primo campo di concentramento d’Europa, quello di Ferramonti di Tarsia ? Un campo ricordato per le condizioni di vita relativamente migliori degli internati soprattutto in ragione del grande senso di accoglienza e di solidarietà dimostrato anche in quella occasione dalle popolazioni calabresi, ma che resta comunque come l’ennesima drammatica testimonianza dell’ignominia della persecuzione e della segregazione razziale preludio della tragedia della Shoah”.
“La Calabria e il Mezzogiorno – ha detto ancora Rosy Bindi – , sono dunque parte importante della storia del nostro Paese. Lo sono da 150 anni anche se troppo spesso lo Stato unitario nei loro confronti, come giustamente ha ricordato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si è dimostrato estraneo se non addirittura ostile”.
“Se le mafie nel Sud hanno potuto proliferare – ha aggiunto – è proprio perché hanno spesso saputo presentarsi come un potere più vicino e più forte dello Stato. Un potere che si è nutrito non solo di violenza e di sopraffazione ma anche di quel mercato del diritto elargito come favore o concessione in cambio di sottomissione e subalternità”.
“La ‘ndrangheta, infatti, è oggi l’organizzazione criminale più potente e continua ad avere un insediamento locale pervasivo soprattutto in alcune aree della Calabria proprio perché vuole continuare ad affermare questo potere di condizionamento anche se i veri affari li fa fuori da questa regione, con il traffico internazionale degli stupefacenti e con la penetrazione nel tessuto economico e sociale nelle parti più ricche del Paese”.
“Ecco, perché – ha proseguito – contro la ‘ndrangheta ognuno deve fare la propria parte. Sono necessari certamente più uomini e più mezzi delle forze dell’ordine e della magistratura, e soprattutto evitare di tagliare i presidi di legalità esistenti. Non è possibile, per esempio, che per non tagliare il tribunale di Paola si sopprima quello di Rossano perché la criminalità è presente sia a Paola che a Rossano e va combattuta sia a Paola che a Rossano.
Ma questa battaglia lo Stato potrà vincerla soprattutto se riuscirà ad affermare i diritti, quello al lavoro, ad una burocrazia efficiente ed in generale alla legalità intesa come quel sistema di regole che garantisce soprattutto i più deboli e i più indifesi”.
“Per fare ciò – ha ironizzato – è necessario dimostrare intransigenza nei confronti della cosiddetta zona grigia, quella che, per capirci, afferma il principio della cosiddetta legalità compatibile. E’ mai possibile che in questa terra ci siano banche che concedono il mutuo ai mafiosi e lo negano alle persone oneste, che ci siano funzionari, professionisti, imprenditori che invece di denunciare o semplicemente segnalare quando vedono qualcosa di strano si limitano a girare la testa dall’altra parte ?”.
“Un grande ruolo lo sta svolgendo, in questo senso, la Chiesa che chiude le sue porte ad una mafia che spesso si è nutrita culturalmente di certi richiami alla tradizione religiosa e popolare al fine di segnare anche simbolicamente l’affermazione prepotente del proprio dominio”.
“Ma – ha concluso Rosy Bindi – deve fare la propria parte soprattutto la politica: ecco perché considero un risultato importante essere riusciti a definire con chiarezza, con una legge attesa da tanti anni, il reato di voto di scambio politico-mafioso. Per la prima volta e grazie a questa legge, si afferma con nettezza il principio che la politica non deve avere alcun rapporto con la criminalità organizzata.
Diciamo ciò nella consapevolezza che per poter celebrare un giorno anche la liberazione di questa terra dalle mafie, non sono sufficienti le buone leggi. E’ necessario che i partiti, essenziali per il funzionamento della democrazia, assolvano fino in fondo alla loro funzione e, senza delegare alla magistratura, sappiano scegliere il meglio per offrirlo alla valutazione libera dei cittadini. Uno sforzo che chiediamo a tutti i partiti e che affermiamo oggi anche per quanto ci riguarda, come PD: noi i voti della ‘ndrangheta non li vogliamo”.
Alla presentazione del libro “L’inganno. Antimafia, Usi e soprusi dei professionisti del bene” di Alessandro Barbano
A Napoli nell’atmosfera del Teatro San Carlo, Alessandro Barbano parla del suo