Ieri ho partecipato alla riunione del Dipartimento Scuola e Formazione del PD di Cosenza alla quale sono intervenuti anche i segretari provinciali di CGIL, CISL e UIL Pino Assalone, Pina Carbone e Francesca Guarascio.
Tutti gli intervenuti, docenti, dirigenti e rappresentanti dei genitori e degli studenti, hanno esternato la grande preoccupazione per gli effetti che la proposta di DDL sta producendo nel mondo della scuola, come dimostrano la massiccia adesione allo sciopero del 5 maggio scorso e le grandi manifestazioni delle ultime settimane.
Al di là di tutte le buone intenzioni annunciate, il DDL ha prodotto una vera e propria frattura tra il PD ed un mondo che tradizionalmente gli è sempre stato vicino, soprattutto perché non affronta le vere criticità del nostro sistema formativo come la dispersione, l’analfabetismo di ritorno, la rimozione delle diseguaglianze sociali che sono le principali mission di una scuola democratica.
I rappresentanti delle OOSS hanno puntato il dito soprattutto sui rischi contenuti nel DDL, sia per quanto riguarda il piano di assunzione dei precari che opera inaccettabili discriminazioni tra precari portatori degli stessi diritti, sia perché esso produrrebbe anche una sostanziale precarizzazione del personale di ruolo privandolo della libertà di insegnamento e dei diritti individuali alla mobilità.
Pr quanto mi riguarda ho ribadito che al Senato il DDL dovrà essere profondamente cambiato e per fare ciò è necessario superare il nodo del piano delle assunzioni che è condizionato all’approvazione del DDL stesso.
Per questo motivo come minoranza PD chiederemo innanzitutto lo stralcio del piano delle assunzioni dei precari, per i quali proponiamo un piano quinquennale di progressivo assorbimento che superi le incomprensibili norme discriminatorie contenute nel DDL. Solo dopo lo stralcio sarà possibile lavorare, in un clima di serenità e di ascolto di tutte le componenti del mondo della scuola, su un testo che affronti i veri nodi del nostro sistema formativo che è tutt’altro che conservatore ma che anzi chiede il riconoscimento della propria decisiva funzione per la crescita culturale, democratica ed anche economica e sociale del Paese.
Perché la necessità di produrre in Italia i cambiamenti di cui ha bisogno non può tradursi in riforme fatte di fretta e soprattutto contro la volontà di chi dovrà attuarle.
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