Qui di seguito il testo integrale (che non ho avuto modo di leggere completamente in aula) del mio intervento nel dibattito sul sistema dei trasporti in Calabria. Seduta del 21 settembre 2015.
VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Vice- ministro, come potremmo definire oggi la situazione dei trasporti in Calabria ? Inesistente come la mia voce, di cui mi scuso.
Ma chi chiederà scusa alla Calabria e al Mezzogiorno per tutto quello che non si è fatto in questi anni, anzi per i danni che sono stati perpetrati e per i divari che si sono aggravati? Come ci spiega un illuminante convegno SIPoTra del dicembre 2014, «Una nuova accessibilità per lo sviluppo del Mezzogiorno », in base ai dati Svimez la variazione degli indicatori socio- economici del sud nel periodo 2008-2013 è: meno 13 per cento del PIL; meno 10 per cento dei consumi; meno 28 per cento del valore industriale; 53 per cento in meno degli investimenti nell’industria; 31 per cento di disoccupazione, ma, soprattutto, un saldo migratorio del 70 per cento di giovani – 700 mila persone – e con uno spopolamento previsto nel futuro di 4 milioni di abitanti in meno.
D’altra parte, questi sono dati che hanno occupato il dibattito di agosto e che, però, mi auguro non si fermino ad agosto, perché dovranno essere alla base della riorganizzazione e della definizione della nuova legge di stabilità 2016. Ma soprattutto – e qui viene il collegamento tra infrastrutture, mancati investimenti in infrastrutture e mancato sviluppo – c’è stata una grande diminuzione degli investimenti pubblici nel sud – il 33 per cento degli investimenti in meno – e abbiamo una ridotazione di infrastrutture di trasporto nel Mezzogiorno che è, in percentuale sul totale nazionale, pari al 25 per cento per le autostrade e al 25 per cento per le ferrovie convenzionali, ma solo il 13 per cento l’Alta velocità (naturalmente nel sud ci sono anche Napoli e Salerno).
C’è stata, in questi anni, una scarsa programmazione sul terreno della organizzazione delle infrastrutture e c’è stata, poi, una famigerata « legge obiettivo » del 2001, del Governo Berlusconi, che ha reso ancora più vane e scoordinate le iniziative. A questo aggiungiamo uno studio ancora più recente dell’Istituto Tagliacarne, che considera che il sud patisce un gap del 34 per cento rispetto al nord-est sulle infrastrutture economiche e sui trasporti, che, se si tolgono quelle portuali, sale addirittura al 37 per cento.
Quindi, abbiamo avuto in questi anni una responsabilità collettiva nei confronti del Mezzogiorno e non un’incapacità genetica delle classi meridionali, che pure sicuramente hanno le loro responsabilità in termini di scarsa qualità delle classi dirigente locali e, soprattutto, della presenza mafiosa della ’ndrangheta e della camorra. Ma abbiamo avuto, oggi e negli ultimi anni anche, una spending review che ha colpito, soprattutto nel Mezzogiorno, negli investimenti in conto capitale, soprattutto se si considera non solo la PA, ma anche quelli delle grandi società, quali ENI, Poste e Ferrovie dello Stato.
Penso ai cittadini e alle imprese del Mezzogiorno e della Calabria, che si confrontano ogni giorno con questi dati, che sembrano così astratti, ma che, invece, nella vita quotidiana, diventano servizi di trasporto insufficienti e inadeguati, una rete di infrastrutture carente, sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo, e che rappresentano, appunto, gli ostacoli strutturali per la vivibilità, per la stessa percezione del Mezzogiorno e della Calabria come spazio economico e sociale comune.
Queste carenze di infrastrutture e di servizi per lo sviluppo, derivanti, quindi, da anni di una politica caratterizzata dall’assenza di una visione strategica, incapace finora di guidare la crescita della competitività del sistema economico, del benessere dei cittadini, della vivibilità del territorio, devono essere opportunamente colmate, anche perché ci troviamo in regioni Obiettivo 1; regioni che dovevano avere i fondi europei come fondi aggiuntivi, non sostitutivi.
In particolare, ci troviamo con una difficoltà di movimento da e per la Calabria nei collegamenti interregionali, nazionali e internazionali, sia per le merci che per i passeggeri. Vi è una bassissima accessibilità: si è parlato, nel momento in cui è crollato il « viadotto Italia », quasi di un problema di continuità territoriale. A questo si collega un’assenza di adeguato sviluppo economico nella regione, che poi genera una disparità economica e sociale tra i cittadini soprattutto rispetto al diritto alla mobilità.
Quindi, bisogna garantire una maggiore qualità dei servizi di trasporto e un recupero di questo divario infrastrutturale storico come precondizione per lo sviluppo non solo del sud o della Calabria, ma dell’intero Paese. Si tratta, insomma, investendo nel sud e nella Calabria, di decidere se il Mezzogiorno e l’Italia devono essere periferia dell’Europa o centro del Mediterraneo.
Ed è solo questo, allora, il modo con cui la Calabria, punta estrema di questa Italia e del Mediterraneo, può assumere questa collocazione nell’Europa e diventare, da realtà problematica e marginale, un territorio privilegiato del Mediterraneo, un grande bacino di scambi, la frontiera di una possibilità da cogliere.
Cosa fare ? Sicuramente, le infrastrutture sono un elemento chiave per lo sviluppo, anche a patto di essere programmate sulla base delle caratteristiche geografiche e strutturali proprie del territorio e pensate anche in un’ottica di integrazione e sostenibilità. Le analisi effettuate di recente da alcuni esperti della regione Calabria hanno evidenziato come tra le carenze nel sistema delle infrastrutture vi sia anche un problema di definizione di opere per la messa in sicurezza del territorio. Non si può non tenere conto che la Calabria è una delle regioni italiane caratterizzate da maggiore rischio idrogeologico e sismico.
Lo sviluppo infrastrutturale fino ad oggi in Calabria è andato innanzitutto verso una direzione che guardava alla viabilità stradale. Le strade sono la principale, quasi unica arteria della Regione, ma sono comunque strade che hanno problemi emergenziali per quel che riguarda le direttrici principali, come la A3, la SS 106 e la statale 18. In particolare, è necessario intervenire sul corridoio autostradale, risolvendo contestualmente criticità sul corridoio tirrenico e sul corridoio jonico.
Vi è una novità da questo punto di vista: è in corso di attuazione un’intesa di programma-quadro tra la regione Calabria e il Ministero delle infrastrutture che, sostanzialmente, sta cominciando ad individuare puntualmente le questioni da affrontare.
E il dato che emerge è che c’è un problema, secondo me, quasi più grave della questione della viabilità stradale , che è la questione dei servizi e dei rilevati ferroviari. Fino a vent’anni fa tra Roma e Milano e Roma e Reggio Calabria si registrava lo stesso tempo di percorrenza. Oggi Roma- Milano si percorre in 2 ore e 30 minuti e Roma-Reggio Calabria in almeno sei ore. Vi è solo un treno Frecciargento, che, praticamente, non riesce a servire in alcun modo le altre città: Crotone, per esempio, e la stessa Catanzaro, che non sono su quell’asse della traietto- ria tirrenica.
Allora, che cosa bisogna fare ? Bisogna puntare soprattutto sulla possibilità che si dia impulso a un’idea integrata del territorio, che intervenga sicuramente sulla Salerno-Reggio Calabria, ma soprattutto lavori sulle trasversali, intervenga puntualmente sulle criticità della tirrenica e della ionica e soprattutto riesca a risolvere il problema dell’accessibilità.
Per l’accessibilità, la questione dell’Alta velocità diventa una questione dirimente. Il Presidente del Consiglio Renzi, l’altra volta, ha detto che non è giusto che non ci sia per il sud l’Alta velocità e non è vero che il ministro Delrio il giorno dopo abbia detto: no, l’Alta velocità non ci può essere. Delrio ha posto un problema, che dovrà essere risolto in quest’intesa di programma. Ovvero uno studio di fattibilità che consenta di capire qual è l’investimento effettivo dell’Alta velocità nel Mezzogiorno, magari andando anche a mettere in discussione quello che è stato il modello dell’Alta velocità finora realizzato in Italia, ovvero un’Alta velocità che immaginava di vedere insieme merci e passeggeri e, invece, puntare ad un’Alta velocità sostanzialmente dei passeggeri. Anche perché il tema delle merci è soprattutto legato allo sviluppo del porto di Gioia Tauro, che rappresenta il porto principale che si affaccia sul Mediterraneo e che diventa la base più importante anche all’indomani del raddoppio del canale di Suez.
Allora, bisogna intervenire sul porto di Gioia Tauro, realizzando la zona economica speciale, come sta proponendo la regione Calabria, sviluppando il gateway ferroviario che lo colleghi sostanzialmente alla ferrovia e modifichi anche le sagome delle gallerie, in maniera tale da potere fare passare i container, spostando poi il trasporto merci verso l’Adriatico. Anche perché il porto di Gioia Tauro è il centro, è l’hub, di una serie di porti della Calabria, che vanno da Cori- gliano a Vibo Valentia e alla stessa Reggio Calabria.
Così come bisognerà intervenire sulla elettrificazione della tratta ferroviaria ionica, su un veloce trasporto nell’area dello stretto a prescindere dall’annosa questione ponte sì, ponte no, sviluppare anche sulle città una capacità di collegamento su ferro con le metropolitane nelle tre città capoluogo più importanti. In particolare tra le due città di Cosenza e di Catanzaro, dove già sono previsti interventi per le metropolitane leggere, che collegheranno il centro della città con le università di Germaneto e di Arcavacata, bisogna fare in modo che questi due punti universitari e di sviluppo della regione si colleghino tra di loro attraverso modificando in parte il tracciato della vecchia ferrovia della Calabria superando così quello che è il dato attuale della regione, che vede una prevalenza superiore della gomma sul ferro (in generale in Italia ma in Calabria ancora di più) spostando in questo modo, proprio nella logica della sostenibilità e dell’impatto ambientale, sempre più persone sul trasporto ferroviario.
Tutto questo naturalmente sta dentro un progetto europeo, perché le nostre reti ferroviarie, i nostri porti, i nostri tracciati sono dentro i corridoi europei. Ma – e mi avvio alla conclusione – dobbiamo soprattutto riuscire a fare in modo che lo sviluppo di questa regione non sia la puntuale e piccola questione campanilistica, ma diventi un unico sistema, accelerando la firma dell’accordo di programma quadro, utilizzando i fondi nazionali, regionali ed europei in maniera integrata, per riuscire ad arrivare a quel risultato che il vescovo di Cosenza, già vescovo di Potenza, l’altro giorno al suo insediamento diceva: « Cristo si è fermato ad Eboli, ma veniva da sud ».
RESOCONTO STENOGRAFICO
Resoconto steno di lunedi 21 settembre 2015