Le donne possono essere le migliori interpreti del nuovo modello di sviluppo digitale
Intervento al convegno Digital Woman dell’8 marzo 2017
Vorrei innanzitutto ringraziare gli organizzatori del convegno, gli amici di ADR Italian Digital Revolution, Francesca De Pasquale, Milly Tucci e Mauro Nicastri, per avere scelto un tema assai suggestivo in questa giornata dedicata alle donne, relativo ai temi dell’innovazione e delle straordinarie trasformazioni che la rivoluzione digitale sta producendo sulle nostre società.
Da tempo, del resto, sono convinta che anche la data dell’ 8 marzo, per avere effettivo valore, deve sfuggire da certa tendenza alla ritualità e alla retorica ed essere soprattutto giornata di riflessione sulla condizione della donna oggi e sul fatto che l’effettiva parità di genere è ancora ben lungi dall’essere realizzata.
Sarà anche per questo che, voglio dirlo con una battuta, quest’anno mi si è sviluppata una strana allergia alla mimosa !!!
È forse questo il segno dei tempi, di una nuova consapevolezza del valore delle donne? Di donne che non vogliono essere uguali agli uomini e per questo pretendono la parità di genere e le pari opportunità nel mondo del lavoro ancora troppo dominato dal maschile.
Il World Economic Forum del 2016 ventilava la perdita di 5 milioni di posti di lavoro in quattro anni a causa dell’industria 4.0 e della digitalizzazione, mentre l’Unione europea ci ha raccontato che a causa del digital mismatch (divario di competenze digitali rispetto a quello che richiedono i nuovi mestieri) nei prossimi 10 anni in Europa sono previsti 750 mila posti di lavoro per persone con competenze in ambito Information and Communications Technology vacanti.
Quindi i robot ci ruberanno il lavoro?
Non credo sarà così.
Mirna Pacchetti, Ceo e Business development per InTribe Srl, ci fornisce, infatti, un’altra previsione e a Lettera43.it racconta: «Secondo le nostre ricerche guadagneremo 7 milioni di posti. Ma bisogna essere competenti in ambito digitale».
Dai dati analizzati dalla start up InTribe emerge che «anche se non si vede dalle statistiche, le donne stanno riemergendo e le mamme, in particolare, si danno una chance con l’autoimpreditorialità. Si crede che le donne saranno molto svantaggiate dalla rivoluzione industriale perché i nuovi lavori saranno legati alle materie Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics, ndr), invece nei prossimi 15 anni si arriverà alla parità sia in campo universitario sia lavorativo in questi ambiti per uomini e donne».
Insomma, le donne possono essere le migliori interpreti di questo nuovo modello di sviluppo che seppellisce definitivamente ruoli e stereotipi e riapre il cuore e la mente verso un lavoro, in prospettiva separato dal reddito di sopravvivenza, per sviluppare creatività e talenti.
Dallo scorso anno, poi, il Ministero dell’Istruzione ha rinominato marzo “mese delle STEM”, cioè il mese delle materie scientifiche: un’iniziativa che ha l’obiettivo di rompere gli stereotipi che vogliono le materie scientifiche come poco adatte alle ragazze e alle donne.
Promuovere le materie STEM è il primo passo per avere più donne anche sui posti di lavoro, specialmente quelli legati alla tecnologie e all’innovazione.
Pensiero computazionale, per sviluppare la capacità di analizzare e risolvere problemi e per apprendere le basi della programmazione. Percorsi di ‘cittadinanza digitale’ per un uso consapevole dei media, della Rete e dei dati, e per avere gli strumenti per valutare la qualità, l’integrità e la veridicità delle informazioni.
Per quanto riguarda la prima area le iniziative proposte dovranno porre particolare attenzione all’interazione creativa tra digitale e manuale, anche attraverso esperienze di making, robotica educativa e Internet delle cose, e al coding.
Sul fronte della cittadinanza digitale, le proposte dovranno concentrarsi soprattutto su: educazione all’uso positivo e consapevole dei media e della Rete, anche per il contrasto all’utilizzo di linguaggi violenti e alla diffusione del cyberbullismo, alle discriminazioni; educazione alla valutazione della qualità e dell’integrità delle informazioni, alla lettura, scrittura e collaborazione in ambienti digitali; educazione all’uso dei nuovi linguaggi del digitale.
Sono queste alcune delle iniziative che potranno essere messe in campo dalle scuole grazie agli 80 milioni del PON stanziati per lo sviluppo delle competenze digitali fra le ragazze e i ragazzi e per la didattica innovativa.
Il bando è online sul sito dedicato: www.istruzione.it/pon. Le scuole potranno caricare i progetti dal 20 marzo al 5 maggio.
Se l’Italia saprà adottare il digitale in ambito lavorativo e le donne sapranno diventare abbastanza abili nei settori tecnologici, nel 2049 si potrebbe colmare cosiddetto gender pay gap, ovvero il divario tra i salari di uomini e donne a parità di lavoro. Se questa data sembra lontana, senza un adeguata spinta tecnologica e senza un sostegno da parte dello Stato e del mondo accademico, il divario si colmerà molto più tardi: nel 2091.
La tecnologia porta con sé meritocrazia, seppellisce definitivamente ruoli e stereotipi. Soltanto percorrendo questa strada, riusciremo ad aprire il cuore e la mente verso un lavoro che ci dia la possibilità di sviluppare creatività e talenti.
Per questi motivi sono convinta che noi donne sapremo essere le migliori interpreti di questo nuovo modello di sviluppo digitale !
Sarà la forza delle “bambine ribelli” ( come le definisce un bel libro di Francesca Cavallo e Elena Favilli “Storie della buona notte per bambine ribelli. 100 vite di donne straordinarie”) cambierà ancora una volta in meglio il corso della Storia moderna.
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Il nuovo PD si batta anche per il diritto alla giustizia giusta.