Fabiana aveva 15 anni quando, il 24 maggio 2013, venne brutalmente assassinata dal suo ragazzo. Qualche giorno dopo veniva ratificata in parlamento la Convenzione adottata nel 2011 dal consiglio d’Europa sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne: la cosiddetta Convenzione di Instabul.
Ricordo bene quel giorno, perché intervenendo in aula, il mio pensiero, come oggi, era rivolto ai genitori e alle sorelle di Fabiana. In questi anni, in questo drammatico anniversario, sono venuta ogni volta per onorare la sua memoria, ma soprattutto affinché non si debba ripetere mai più. Fabiana ha pagato per tutte noi un prezzo troppo alto solo perché voleva essere libera di decidere della sua vita.
Questo diritto alla libertà e all’autonomia fino al 1996 non veniva riconosciuto neanche dalla legge, che considerava la violenza sessuale reato contro la moralità pubblica e non contro la persona. E ancora prima fino al 1981 è rimasto in vigore il cosiddetto matrimonio riparatore che consentiva a uno stupratore di sposare la vittima e così porre fine alla vergogna.
La forza delle donne ha in parte modificato l’ambito legislativo passando, nella precedente legislatura, e dopo la ratifica della Convenzione di Istanbul, da un codice che non solo non puniva il violento, ma nascondeva e giustificava abusi e sottomissioni, alla legge 212 del 2016 che delinea un nuovo statuto per la vittima del reato, con la possibilità di accedere a spese dello Stato a misure di protezione e assistenza, estese dal 2018, con la legge sugli orfani per crimini domestici, anche ai figli.
La mia speranza è rivolta proprio verso le nuove generazioni, e in particolare, la proposta di legge che prevede l’educazione di genere nelle scuola (che ho riproposto anche in questa legislatura) possa essere lo strumento più efficace per un cambiamento di natura culturale che affermi l’ educazione al rispetto dell’altro da sé.
VIDEO
RASSEGNA STAMPA
RASSEGNA FOTOGRAFICA
