Intervento in Aula per discussione su mozioni per implementare il reddito di inclusione
Quello della povertà è forse l’argomento che più di altri ha inciso soprattutto al sud nella creazione di quel “sentiment” favorevole al consenso in favore dei 5 stelle.E però oggi a distanza di quasi 5 mesi dalle elezioni è anche l’argomento che più di ogni altro misura lo “spread” tra speranze suscitate e realtà.
Secondo i dati Istat nel Mezzogiorno sono a rischio povertà assoluta ed esclusione sociale quasi la metà degli individui.
Ma proprio per questo, tale condizione, non può essere strumentalizzata e affrontata a colpi di slogan vuoti, bensì con provvedimenti seri e sostenibili.Così come abbiamo cercato di fare noi del Partito Democratico nella scorsa legislatura parlamentare, con l’approvazione del Reddito d’inclusione con legge 15 marzo 2017, n. 33 e della sua disciplina attuativa (decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147)
In questa data l’Italia si è dotata finalmente -per la prima volta nella sua storia – di una misura unica universale di contrasto alla povertà, non più solo sperimentale o provvisorio ma con un approccio che ha come obiettivo la dignità delle persone, così com’è richiamato al primo comma del disegno di legge, facendo riferimento anche all’articolo 3 della Costituzione e al rispetto dei principi della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Un reddito minimo garantito, con queste caratteristiche, declinato in forme molto diverse tra loro, è presente in tutti i Paesi europei, e esistono varie raccomandazioni e risoluzioni dell’Unione Europea che spingono in questa direzione.In nessun Paese, invece, né in Europa né nel mondo (tranne Alaska), esistono esperienze di reddito di cittadinanza, che è un reddito di base elargito dalla comunità a tutti i suoi membri, senza prova dei mezzi o richiesta d’impegno al lavoro.
Il gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle nel corso della scorsa legislatura parlamentare, ha presentato un progetto di legge definito: per l’introduzione di un «reddito di cittadinanza» e che in realtà non è per nulla universale e incondizionato, essendo invece un reddito minimo condizionato a una determinata situazione economica.
Roberto Ciccarelli del manifesto a questo proposito ha parlato di “truffa lessicale”, in quanto “il reddito di cittadinanza va a tutti i residenti con la cittadinanza a vita. In questa forma è applicato solo in Alaska. Quello M5S è invece un reddito minimo condizionato dallo scambio con un lavoro.”
Io dico, probabilmente non solo truffa lessicale ma truffa elettorale per carpire la disperazione di migliaia di poveri soprattutto nel Mezzogiorno.
E a questo proposito, vediamo cosa diceva nel 2016 l’attuale sottosegretario al Lavoro Cominardi allora relatore di minoranza della legge sul reddito d’inclusione
(Da questa legge delega ci aspettavamo un qualche cosa di più importante, tenuto conto che, insieme alla Grecia, siamo l’unico Paese che non ha adottato un vero reddito di cittadinanza, ….)
Ecco la truffa lessicale e soprattutto di merito:
1)la proposta di legge del M5S è sottoposta alla prova dei mezzi (quindi non è incondizionata e dunque non è di cittadinanza)
2)in nessun paese europeo esiste il reddito di cittadinanza bensì diverse forme di reddito minimo o d’inclusione.
E nel contratto del governo del cambiamento invece come viene presentato il reddito di cittadinanza?Sempre allo stesso modo ovvero come un reddito condizionato alla prova dei mezzi, quindi non di cittadinanza. Ma mentre nel 2016 il Cominardi relatore affermava: “nella proposta del reddito di cittadinanza sono previsti 17 miliardi di euro, di cui circa un miliardo e mezzo investito nei centri per l’impiego“, nel contratto di governo (a responsabilità Di Maio/Cominardi) i 17 miliardi sono spariti (sarà stata anche in questo caso qualche manina dispettosa?) e sono rimasti solo i 2 miliardi (ovviamente sulla carta) della presunta riforma dei centri per l’impiego più un impegno a ridiscutere l’utilizzo del Fondo Sociale Europeo per il reddito di cittadinanza (ovvero fuffa).Allora cerchiamo di essere seri!Quello su cui si deve ragionare e su cui non ci si può dividere è come portare a compimento qui ed ora in Italia quella misura universale di sostegno al reddito (cioè il REI) che copra entro il 2019 tutta la platea dei poveri assoluti.
Noi del Pd, che abbiamo fatto della barra dei diritti (umani, sociali, civili) il fulcro della nostra strategia politica, quando abbiamo affrontato, nella scorsa legislatura il tema del reddito d’inclusione, abbiamo fatto tesoro dell’importante lavoro messo a punto da tanti esperti del settore e tenuto conto delle esperienze degli altri Paesi europei, a cominciare dalla scelta della soglia, che abbiamo ritenuto giusto individuare, per adesso, in quella della povertà assoluta.Inoltre, con la Legge di bilancio 205/2017, il Governo a guida Pd ha operato un ulteriore rafforzamento del ReI, scegliendo di destinare maggiori risorse, e prevedendo decorrere dal 1° luglio 2018 (com’è effettivamente avvenuto) il superamento di ogni limitazione categoriale del beneficio.In tal modo, entro la fine del 2018, i nuclei familiari beneficiari del ReI saranno 700 mila, corrispondenti a quasi 2,5 milioni di persone.
In definitiva, considerati i 50 milioni di euro stanziati nel 2012 per la prima misura sperimentale, si può evidenziare come in pochi anni, dalla Legge di bilancio 2016, a quella per il 2018, l’Italia abbia fatto un gigantesco passo avanti nelle politiche di contrasto alla povertà, arrivando a dotarci a oggi di una misura permanente che vale oltre 2,3 miliardi di euro.
In coerenza con tale impostazione, è stata depositata, in questa legislatura, un’apposita proposta di legge a prima firma Delrio finalizzata a vari obiettivi tra cui in particolare:
- a) incrementare l’ammontare del beneficio economico;
- b) allargare la platea effettiva dei beneficiari per arrivare a raggiungere tutti coloro i quali, secondo le stime Istat si trovano in condizioni di povertà assoluta nel nostro Paese e rendendo il ReI compiutamente universale non solo nel disegno, ma anche nei suoi effetti generali.
Nella precedente legislatura parlamentare, nonostante il voto contrario del M5S alla proposta di istituzione del Rei, è stata dunque tracciata la strada giusta. Sappiamo bene che il tema non è solo il reddito ma anche il lavoro ma come afferma Chiara Saraceno se si ha “ a cuore la sorte dei poveri – e non si pensa che debbano vivere in apnea in attesa che la domanda di lavoro sia adeguata numericamente al bisogno e offra sempre un reddito decente” – non si può contrapporre il reddito alla creazione di lavoro, “come se le due cose fossero in alternativa”. Oggi il diritto al lavoro non è più quello che abbiamo conosciuto nel ‘900: crollato il vecchio mito del “patto dei produttori” che ha retto il modello economico taylorista e fordista nei decenni passati, ci troviamo di fronte alla necessità di ripensare il nostro modello di sviluppo.
Il nuovo patto sociale tra produttori in un’economia in cui, attraverso Industria 4.0, c’è un processo manifatturiero sempre più orizzontale e di servizio acquista sempre di più la dimensione dell’economia collaborativa. Il nodo da sciogliere, per dare risposte serie e sostenibili ai nostri giovani, che sono il nostro futuro, è dunque il seguente: arrendersi e inseguire in maniera subalterna l’impostazione che attraversa il mondo e che vede i governi dei singoli Paesi chiudersi nella difesa del poco lavoro che c’è nei confini nazionali, innalzando muri e promuovendo dazi e indicando ai nostri disoccupati come capri espiatori i “cattivi immigrati che ci rubano il lavoro” ? Oppure misurarsi, come abbiamo sempre fatto noi del Partito Democratico, con una sfida riformista e di progresso, governando e non demonizzando le opportunità che il nuovo modello dell’economia digitale ci propone affrontando con decisione la questione della riforma del sistema fiscale e del welfare, per puntare ad una effettiva, più equa distribuzione della ricchezza.
Si dismettano dunque le vesti del populismo ed il M5S si misuri nella propria effettiva capacità di governo. Noi oggi, a posizioni invertite, dall’opposizione sosterremmo comunque sempre politiche d’inclusione e giustizia sociale ben fatte, senza ripartire da zero, ma salvaguardando la continuità con quanto di buono è già stato fatto.
VIDEO DELL’INTERVENTO
RASSEGNA STAMPA
Il fatto di Calabria 17 Luglio 2018
Corriere della Calabria 17 Luglio 2018