Per affermare il suo modello di integrazione giusta e a misura d’uomo, Mimmo Lucano da sempre ha sfidato le leggi, da sempre in tutte le sedi e pubblicamente ne ha contestato i vincoli e le anomalie. Ecco perché lascio ai magistrati il compito di fare chiarezza e stabilire se e quali norme siano state violate, sebbene colpiscano le parole dello stesso Gip, che ha firmato l’ordinanza cautelare e nello stesso tempo riconosce l’assenza di dati oggettivi sulle ipotesi di reato.
Conosco Riace, conosco Mimmo Lucano e il suo piglio esasperato pur di difendere e far sopravvivere un sistema di accoglienza e integrazione vera, fondati sulla convivenza pacifica e il reciproco arricchimento fra comunità locale e migranti, tanto da catturare l’attenzione internazionale e portare qualche settimana fa nel borgo della Locride la sindaca di Barcellona. Quel che in queste ore non si dice, infatti, è che un intero paese, la sua economia e i suoi servizi hanno trovato nutrimento dalla presenza di persone straniere.
Il punto che mi preme valorizzare, però, non è quello giudiziario ma politico. Da sempre, mi spendo per la modifica della legge Bossi-Fini, che ha creato per gli amministratori locali una stretta insidiosa di vincoli normativi e burocratici. Oggi, il quadro normativo è addirittura peggiorato con il decreto Sicurezza di Salvini, che smantella il sistema Sprar – quello di Riace e di centinaia di Comuni anche calabresi, quello dell’accoglienza fondata sull’integrazione – e impone i Cas e i Cara, molto più esposti alle infiltrazioni della criminalità organizzata, come insegna la vicenda di Isola Capo Rizzuto. La sfida è tutta qui: fra chi vuole soluzioni e chi semina odio, fra chi sequestra vite umane e chi invece vuole salvarle. Ed io starò sempre dalla parte di quest’ultimi, di quelli che Lucano ama definire gli “zero”.
VIDEO INTERVISTA A RADIO RADICALE
RASSEGNA STAMPA:
Il fatto di Calabria 02/10/2018