Oggi è il 25 aprile. Non è un derby: è la festa della liberazione dell’Italia dal nazifascismo.
Altro non si può festeggiare. Ancor meno ricordare l’oppressore dal quale ci siamo liberati.
Va festeggiata la liberazione perché nulla si ripete ma altro può accadere come ci mostrano i brutti episodi fascisti delle ultime ore a Bonifati, Milano, Bologna, Roma.
Come afferma Liliana Segre: “Chi fa politica non può ignorare la storia. Deve averla studiata!”
Che cosa si festeggia il 25 aprile
L’anniversario della liberazione d’Italia assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze armate alleate, dall’Esercito Cobelligerante Italiano ed anche dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale. La data scelta per ricordare l’evento è quella del 25 aprile: un giorno che non coincide con la sconfitta delle truppe mussoliniane e hitleriane (formalizzata solo il 29 aprile con la resa di Caserta), ma che, quell’anno, diede vita a una transizione decisiva che portò alla liberazione di Milano e alla ripresa del Nord del paese.
Il 25 aprile venne istituito come giorno di festa nazionale da un decreto legislativo del 1946, solo nel 1949 però è stata istituzionalizzata stabilmente.
La Liberazione dal Nazifascismo: ieri e oggi
Dal 1945 annualmente in tutte le città italiane – specialmente in quelle decorate al valore militare per la guerra di liberazione – vengono organizzate manifestazioni pubbliche in memoria dell’evento. Tra gli eventi del programma della festa c’è il solenne omaggio, da parte del Presidente della Repubblica Italiana e delle massime cariche dello Stato, al sacello del Milite Ignoto con la deposizione di una corona d’alloro in ricordo ai caduti e ai dispersi italiani nelle guerre.
Secondo lo storico Giovanni De Luna, oggi “ricordare il 25 aprile 1945 vuol dire anzitutto dare la possibilità a chi non c’era di conoscere la Resistenza nella nuda e scarna verità in essa racchiusa: quel giorno l’Italia ha riconquistato la libertà; lo ha fatto grazie all’impegno attivo di una esigua minoranza”.
Non è una festa di parte, o di una fazione, ma degli italiani che hanno scelto di lottare e morire, in alcuni casi, per un più alto ideale di libertà. Si lega a questa ricorrenza la famosa canzone delle bande armate dei partigiani, il cui testo, intonato ancora oggi, non richiama una parte politica, ma un momento di sinergia e cooperazione delle nascenti istituzioni democratiche contro il regime dittatoriale nazifascista.
BELLA CIAO
«Una mattina mi son svegliato,
oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
Una mattina mi son svegliato
e ho trovato l’invasor.
O partigiano, portami via,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
O partigiano, portami via,
ché mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E se io muoio da partigiano,
tu mi devi seppellir.
Mi seppellirai [Mi porterai / E seppellire] lassù in [sulla] montagna,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E seppellire [Mi seppellirai / Mi porterai] lassù in [sulla] montagna
[sotto l’ombra] all’ombra di un bel fior.
E [Tutte] le genti che passeranno
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
E [Tutte] le genti che passeranno
Ti diranno «Che bel fior!»
«È questo il fiore del partigiano»,
o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
«È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà!»
Attacco frontale al 25 aprile
Con le dichiarazioni del Ministro dell’inferno, Matteo Salvini, che ha detto:”Ho l’intenzione di trascorrere il prossimo 25 aprile con la polizia di Corleone, perché la Liberazione che ora serve al Paese è quella dalla mafia” chi ha dato la vita per difendere la nostra libertà, muore una volta di più. I capi leghisti quindi danno uno schiaffo a quest’importante momento di unione e festa nazionale della Repubblica Italiana, hanno deciso di disertarla. Ma siamo sicuri che queste forze oscure non prevarranno e saremo sempre in tanti a provare la stessa emozione civile.