Tra le tante fragilità che sta mettendo a nudo, nel nostro sistema, l’emergenza sanitaria legata al Coronavirus, vi è senza dubbio quella delle carceri e delle comunità penitenziarie. Morti, rivolte, un clima diffuso di prevaricazioni e violenza che chiama in causa anni di indolenza e colpevole distrazione e impone – ora e subito – dei provvedimenti ispirati al senso di responsabilità, alla civiltà e soprattutto al rispetto dei diritti umani.
Adottare subito provvedimenti
È urgente intervenire ora per tamponare una situazione dagli sviluppi imprevedibili e foriera di ulteriori degenerazioni, perché è compito di tutte le articolazioni istituzionali competenti fornire soluzioni che tengano insieme precauzioni, protocolli sanitari e tutela delle persone.
Un bilanciamento di valori che è ben interpretato da associazioni da sempre impegnate per accendere riflettori di luce e verità sulle drammatiche condizioni del sistema penitenziario italiano, dove un endemico sovraffollamento ha generato, spesso, precarie condizioni igieniche e sanitarie, violazioni della dignità umana, costrizioni aggiuntive proprie di una cultura più punitiva che rieducativa. Non a caso abbiamo scoperto oggi come alcuni dei detenuti in queste ore abbiano perso la vita non per via di atti violenti ma per “overdose”: vuol dire che in preda a crisi in astinenza – di cui per legge non dovrebbero soffrire, perché inseriti in teoria in un sistema di adeguate cure mediche e sostegno psicologico – non appena hanno potuto, hanno introiettato medicinali fuori controllo e fino a morirne. Ed allora, possa essere questa contingenza straordinaria un momento di obbligatorio miglioramento del sistema, proprio perché oggi stiamo pagando il costo – altissimo – delle negligenze del passato. Se avessimo affrontato da subito e per tempo il tema del disumano sovraffollamento delle carceri italiane, oggi ci ritroveremmo con un problema in meno da affrontare in un contesto già di emergenza. Facciamo tesoro del passato e mettiamo in atto da subito i correttivi necessari per fare in modo che il sistema detentivo ritrovi condizioni di agibilità e piena realizzazione del principio rieducativo della pena.
Realtà come Antigone, “Nessuno tocchi Caino – Spes contra spem” indicano al governo la strada giusta da imboccare, ovvero quella del ridimensionamento immediato del problema del sovraffollamento delle carceri. Misure quali la moratoria dell’esecuzione penale (tanto degli ordini di esecuzione pena che dell’esecuzione della pena stessa), l’amnistia e l’indulto a partire da chi deve scontare brevi pene o residui di pena e le altre misure alternative. Abbandoniamo, dunque, la via del giustizialismo spinto, della visione settaria e liberticida del diritto – purtroppo cara al ministro della Giustizia Bonafede – e affrontiamo con piglio umano subito la gravissima condizione del sovraffollamento carcerario.
Rispettare il valore della vita
Se c’è una cosa che questa emergenza ci sta insegnando è che l’unico modo per uscirne è la reciprocità, la responsabilità condivisa che ancor più devono trovare realizzazione nel sistema penitenziario che si nutre della privazione della libertà. Non cediamo, dunque, alle scorciatoie e alle soluzioni estreme – che pure in modo irresponsabili da alcuni vengono proposte in queste ore – ma rispettiamo a pieno il valore della vita, con il quale in qualche modo siamo in debito e questa emergenza ce lo sta dimostrando a caro prezzo.