Il testo unificato della risoluzione approvata alla Camera il 18 novembre sul “Piano di investimenti per il potenziamento, l’ammodernamento e lo sviluppo delle grandi infrastrutture del Mezzogiorno”.
Risoluzione conclusiva 8-00091
presentato da
BRUNO BOSSIO Vincenza
testo di
Mercoledì 18 novembre 2020 in
7-00516 Bruno Bossio: Piano di investimenti per il potenziamento, l’ammodernamento e lo sviluppo delle grandi infrastrutture del Mezzogiorno.
7-00580 Ficara: Piano di investimenti per il potenziamento, l’ammodernamento e lo sviluppo delle grandi infrastrutture del Mezzogiorno.
TESTO UNIFICATO DELLE RISOLUZIONI APPROVATO
La VIII e IX Commissione,
premesso che:
gli indicatori che confrontano le performance economiche delle regioni nello scenario europeo mettono in evidenza il ritardo del Centro-nord in Europa, rappresentando esso, di fatto, la periferia di aree geografiche che marciano a ritmi ben più sostenuti;
il ritardo economico del Mezzogiorno è, al tempo stesso, inaccettabile e ingiustificabile. Inaccettabile perché non consente a un terzo della popolazione italiana di godere appieno di diritti, opportunità e prospettive che lo Stato deve garantire a tutti i cittadini. Ingiustificabile perché le ricchezze culturali, ambientali, di capacità produttive inespresse presenti nel Mezzogiorno possono e devono essere utilizzate per il rilancio dell’economia dell’intero Paese;
il progressivo disimpegno della politica economica nazionale verso gli interventi di riequilibrio territoriale ha indebolito il mercato interno dei settori produttivi delle aree più forti del Paese con inevitabili conseguenze negative per l’intera economia nazionale. Infatti, lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno offrirebbe un mercato di sbocco e un volano di crescita anche per le produzioni di altre aree, innescando un circolo virtuoso di investimenti e crescita sia nelle regioni meridionali che in quelle del Centro Nord;
le complesse complementarietà che legano il sistema economico e sociale del Mezzogiorno con quello del Nord d’Italia alimentano un’interdipendenza commerciale, produttiva e finanziaria che inevitabilmente rende l’obiettivo del recupero del divario tra il Nord e il Sud e le isole del Paese fortemente connesso a un disegno di complessivo rilancio della crescita nazionale;
il grado di interdipendenza delle diverse aree territoriali del Paese è stato misurato dalla Svimez che ha stimato come ogni euro investito in infrastrutture nel Mezzogiorno attiva 0,4 euro di domanda di beni e servizi nel Centro-nord;
per debellare il sottosviluppo ultradecennale delle regioni meridionali occorre una strategia complessiva e coerente volta ad ampliare la base produttiva e a rendere competitivo il contesto economico locale. Occorre una spinta forte, duratura e basata su un’ampia gamma di strumenti e su un volume di risorse adeguato con interventi che agiscano sia sull’offerta, rafforzando la competitività del settore produttivo, l’innovazione tecnologica e l’efficienza delle amministrazioni pubbliche, sia sulla domanda, sostenendo l’accumulazione di capitale umano e i redditi familiari, ma che soprattutto agiscano sul rilancio degli investimenti pubblici;
nonostante la spesa pubblica per ammodernamento delle infrastrutture, materiali e immateriali sia stata fortemente ridotta in Italia negli anni della crisi, nel Mezzogiorno gli investimenti pubblici in rapporto alla popolazione tra il 2008 e il 2016 sono risultati sistematicamente inferiori rispetto al Centro nord. Usando i dati del Sistema dei conti pubblici territoriali (Cpt), la ripartizione della spesa in conto capitale (ordinaria e aggiuntiva) per l’intero Paese e per le due macro aree, Centro-Nord e Mezzogiorno, nel periodo 2000-2018, mostra, ai fini della presente risoluzione, i seguenti elementi di interesse:
a) il calo drastico della spesa (ordinaria e aggiuntiva) in conto capitale della pubblica amministrazione (PA) per l’intero Paese, a partire dalla crisi del 2008. Rispetto al picco del 2008, la spesa, a prezzi costanti, passa da 61,7 miliardi a 34,6 miliardi nel 2018. Il trend di riduzione della spesa dopo il 2008 si interrompe nel 2015. Nel 2016 e 2017, il trend di riduzione riprende e proprio nel 2017 si raggiunge il minimo dell’intera serie, pari a 31,3 miliardi. Nel 2018, la spesa torna ad aumentare;
b) la spesa (ordinaria e aggiuntiva) in conto capitale della pubblica amministrazione nel Mezzogiorno nel 2018 rispetto al 2008 è dimezzata: 10,3 miliardi nel 2018 rispetto ai 21 miliardi del 2008, con una riduzione più significativa di quella evidenziata nel Centro-nord;
c) le risorse aggiuntive rappresentano una quota elevata sul totale della spesa in conto capitale complessiva effettuata dalla pubblica amministrazione nel Mezzogiorno: mediamente esse rappresentano più della metà della spesa in conto capitale complessiva, con picchi che, nelle fasi di chiusura dei periodi di programmazione dei fondi europei, raggiungono livelli ancora più elevati: 67,7 per cento nel 2001, 59,7 nel 2007, 68,4 nel 2015;
d) si rileva un evidente effetto di spiazzamento della politica di coesione, in particolare quella comunitaria, rispetto alla politica ordinaria. Nel 2015, ad esempio, le risorse ordinarie (4,7 miliardi) rappresentano meno di un terzo del totale delle risorse in conto capitale (15,2 miliardi) e meno della metà di quelle aggiuntive (10,4 miliardi). Nel 2016 e 2017, a causa del lento avvio del ciclo 2014-2020 dei fondi strutturali europei, il peso delle risorse aggiuntive si riduce;
il parziale, ma significativo, effetto di spiazzamento della spesa ordinaria menzionato sopra ha richiesto l’opportuna introduzione nella legge di bilancio 2020 della cosiddetta clausola del 34 per cento che permette di destinare gli stanziamenti ordinari in conto capitale nelle regioni del Mezzogiorno in quota proporzionale alla popolazione ivi residente. Ciò per riequilibrare il rapporto tra risorse ordinarie e aggiuntive, anche al fine di ristabilire il rispetto del principio, lungamente negato, di addizionalità, secondo cui le risorse dei fondi strutturali europei non possono sostituirsi alla spesa pubblica dello Stato membro;
un esercizio ipotetico che applica al periodo 2000-2016 la regola del 34 per cento svolto recentemente dall’Ufficio parlamentare di bilancio, indica che, mantenendo lo stesso livello complessivo della spesa ordinaria in conto capitale e la stessa distribuzione delle risorse aggiuntive, l’incremento complessivo di risorse di cui avrebbe beneficiato il Mezzogiorno ammonterebbe in media a circa 1,5 miliardi annui. Lo spiazzamento sarebbe stato, quindi, pari a complessivamente 25,5 miliardi che non sono stati investiti nel Mezzogiorno, ma trasferiti al Centro-nord;
si registra il declino progressivo della spesa infrastrutturale in Italia che nel periodo 1970-2018 è diminuita del 2 per cento distribuendosi in modo diseguale tra il Centro-nord (-0,9 per cento) e il Mezzogiorno (-4,6 per cento). Nonostante gli investimenti infrastrutturali nel Sud negli anni ’70 fossero quasi la metà di quelli complessivi, negli anni più recenti sono calati a quasi un sesto del totale nazionale. Più specificamente, secondo dati Svimez, nel 1970 essi erano pari a 531,1 euro pro-capite a livello nazionale, con il Centro-nord a 451,5 e il Mezzogiorno a 677 euro. Nel 2017 la situazione si capovolge passando a 217,6 euro pro capite a livello nazionale, con il Centro-nord a 277,6 e il Mezzogiorno a 102 euro;
in termini assoluti uno studio prodotto da UnionCamere (Dotazione infrastrutturale per categoria, anno 2012) confronta in termini sia qualitativi che quantitativi le otto Regioni del Nord con la Sicilia, evidenziando il gap attraverso un indice infrastrutturale che vede la Regione siciliana molto indietro rispetto alle regioni nord Italia (84,4 rispetto al 113,9 del nord-Ovest);
il 19 gennaio 2017 è stato definito tra Trenitalia e i ministeri competenti (MIT e MEF) il nuovo Contratto di Servizio 2017-2026, di durata decennale, per il trasporto passeggeri di interesse nazionale che è sottoposto a regime di obbligo di servizio pubblico per garantire il diritto alla mobilità. Il Contratto comprende il network degli Intercity che garantiscono i collegamenti di media/lunga percorrenza tra medi e grandi centri urbani: gli Intercity giorno e gli Intercity notte, che rivestono ancora grande importanza soprattutto nelle regioni meridionali vista l’assenza di offerta relativa all’alta velocità di rete. Il contratto prevede un piano di investimenti nel materiale rotabile per centinaia di milioni di euro e, oltre ai ricavi ottenuti da Trenitalia dalla vendita dei biglietti, le cui tariffe sono determinate per assolvere la funzione di «servizio universale», vengono corrisposti a Trenitalia dei corrispettivi, ad integrazione dei ricavi, per 347.922.703 euro per il 2017 e 365.922.703 euro per gli anni 2018-2026;
l’impoverimento della dotazione infrastrutturale nel Mezzogiorno, dovuto a una riduzione più marcata degli investimenti pubblici al Sud e nelle isole, ha prodotto una sistematica crescita del gap con la restante parte del Paese. Usando dati Eurostat, rielaborati da Svimez e Ance, è possibile misurare alcuni aspetti del disinvestimento in infrastrutture nell’importante settore dei trasporti:
l’infrastrutturazione stradale del Mezzogiorno, rimasta sostanzialmente invariata dal 1990, si caratterizza per una carente dotazione di grandi reti autostradali. Nel 2016 la rete autostradale del Mezzogiorno si estende per 2,149 chilometri e rappresenta circa il 31 per cento di quella nazionale. Una lunghezza che, posta in rapporto alla superficie territoriale, presenta una sensibile sotto-dotazione rispetto al Centro-nord. Nel Mezzogiorno, infatti, per ogni 1.000 chilometri quadrati di superficie si hanno 18 chilometri di rete autostradale, a fronte dei 30 del Nord e dei 20 del Centro;
la rete ferroviaria nel Mezzogiorno nel 2016, a fronte dei 16.788 chilometri complessivi distribuiti nell’intero territorio del Paese, dispone di 5.730 chilometri nel Mezzogiorno, 7.533 chilometri nel Nord e 3.457 chilometri nel Centro. In rapporto alla superficie territoriale, emerge che, a fronte di dati per il Nord ed il Centro sostanzialmente in linea con paesi europei come Austria, Regno Unito e Danimarca, la dotazione del Mezzogiorno risulta, ancora una volta, inferiore: nel meridione ci sono infatti 45 chilometri di ferrovie per 1.000 chilometri quadrati di superficie, a fronte dei 65 del Nord e dei 59 del Centro;
per quanto attiene alle caratteristiche della rete ferroviaria nel nostro Paese, la sotto-dotazione del Mezzogiorno emerge con tutta evidenza:
1) dei 16.788 chilometri di rete ferroviaria, circa 12.000 (il 72 per cento sono rappresentate da linee elettrificate). Tale rapporto evidenzia, anche in questo caso, la sotto-dotazione del Sud e nelle isole rispetto al resto del Paese. Infatti, a fronte di percentuali superiori alla media e vicine all’80 per cento per il Nord ed il Centro, nell’area del Mezzogiorno tale incidenza non arriva al 50 per cento;
2) la percentuale di linea a doppio binario copre poco più del 60 per cento del totale della linea elettrificata nella penisola. Tale percentuale si riduce al 51 per cento nel Mezzogiorno;
3) lo sviluppo dell’Alta Velocità (AV) nelle linee ferroviarie del Mezzogiorno risulta fortemente carente: soli 181 chilometri di linee pari all’11,4 per cento, dei 1.583 chilometri della rete nazionale (nel Centro-Nord la rete è di 1.402 km, pari all’88,6 per cento del totale), Nel confronto con l’Europa l’indice di dotazione nel 2015 per l’Italia è pari a 116,0, con il Centro-nord a 156,5 e il Mezzogiorno appena a 38,6;
la posizione geografica dell’Italia dovrebbe consentire al nostro Paese di ricoprire il ruolo strategico di piattaforma logistica al centro del Mediterraneo. Tuttavia, nella classifica dei primi 20 scali europei per movimentazione container sono solo tre i porti italiani: Gioia Tauro, Genova e La Spezia, che risultano, rispettivamente, all’8°, all’11° ed al 14° posto. Nell’arco di un decennio, quasi tutti i 20 maggiori porti europei hanno aumentato significativamente il proprio volume di movimentazione, con incrementi medi annui che arrivano ad oltre il 30 per cento. Gioia Tauro, unico porto del Mezzogiorno presente nella lista top 20, l’aumento è stato molto più modesto e pari all’1,8 per cento;
da una indagine sulla relazione tra dotazione infrastrutturale e disuguaglianza, svolta recentemente dalla Deloitte, risulta che province più ricche di infrastrutture sono caratterizzate da una più equa distribuzione del reddito e, pertanto, l’impatto marginale di un miglioramento infrastrutturale sarà proporzionalmente maggiore per gli strati meno abbienti della popolazione. Più in particolare, la ricerca, che prende in analisi il periodo tra il 2001 e 2015, mostra come circa un terzo dei differenziali di reddito tra le province meridionali e quelle centro-settentrionali sia dovuto alla più modesta dotazione infrastrutturale delle prime rispetto alle seconde;
sulla base di un lavoro della Banca d’Italia, un incremento degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno avrebbe effetti espansivi significativi per l’intera economia italiana. Infatti, il moltiplicatore degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno potrebbe raggiungere un valore di circa 2 nel medio-lungo termine, beneficiando della complementarità tra capitale pubblico e privato e dei guadagni di produttività connessi alla maggiore dotazione di infrastrutture. Al contempo, anche l’economia del Centro nord ne beneficerebbe per via della maggiore domanda nel Mezzogiorno e dell’integrazione commerciale e produttiva tra le due aree. Sebbene lo stimolo pubblico ipotizzato abbia dimensioni ridotte rispetto all’economia del Centro-nord, le simulazioni indicano che il prodotto interno lordo di quest’area potrebbe aumentare fino allo 0,3 per cento;
il decreto-legge 20 giugno 2017 n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017 n. 123 e successive modificazioni, nell’ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle zone economiche speciali (Zes) all’interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2018 è stato adottato il regolamento recante l’istituzione di zone economiche speciali (Zes);
nel Piano per il Sud del Governo Conte II le azioni per rilanciare gli investimenti nelle regioni meridionali nel triennio 2020-22, a parità di risorse disponibili e senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, garantiranno una capacità di spesa in conto capitale media per anno di circa 7 miliardi di euro, corrispondenti all’1,8 per cento del prodotto interno lordo del Mezzogiorno e pari a complessivamente 21 miliardi di euro;
nelle more del negoziato sul Quadro finanziario pluriennale 2021-27, il Governo nel piano per il Sud ha stimato in maniera prudenziale in oltre 123 miliardi di euro l’ammontare delle risorse a disposizione dell’Italia per il nuovo ciclo di programmazione nelle regioni meno sviluppate;
il quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea è stato rivisto per fronteggiare l’emergenza Covid-19 e rilanciare gli investimenti in Europa affiancando al bilancio un Recovery Fund finanziato attraverso l’emissione di titoli obbligazionari europei a lunga scadenza, Lo strumento finanziario è stato denominato dalla Commissione europea Next Generation EU e dovrebbe raccogliere sui mercati finanziarti 750 miliardi di euro dei quali 172,7 miliardi di euro, sono previsti per l’Italia;
l’Europa, nell’assegnare le risorse del Next Generation Eu, ha tenuto contro di tre parametri: la popolazione, il reddito pro capite e il tasso medio di disoccupazione degli ultimi 5 anni. All’Italia è stato riservato circa il 28 per cento delle risorse totali, invece del 13,5 per cento equivalente al nostro «peso» in termini di abitanti, pari a poco più di 100 miliardi perché le nostre condizioni economiche e sociali sono peggiori rispetto a quelle degli altri Paesi, e lo sono proprio a causa dell’alto tasso di disoccupazione e del basso reddito pro capite del Mezzogiorno, nonché delle sue condizioni di arretratezza, povertà e carenza di infrastrutture;
il fabbisogno residuo di risorse (rispetto alla quota già finanziata) per gli interventi infrastrutturali classificati «prioritari» dal Piano nazionale dei trasporti pari a circa 67 miliardi di euro su un valore economico totale di 196 miliardi di euro di investimenti, Fra questi, secondo il Piano nazionale di riforma, gli investimenti definiti «rapidi», cioè quelli che si ritiene possano apportare nel minor tempo possibile benefici al sistema produttivo, economico, sociale e dei trasporti a seguito dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ammontano a circa 95 miliardi di cui 77 già disponibili;
l’intensa attività svolta dal Ministro per il Sud e la Coesione territoriale per massimizzare il contributo della coesione alla risposta all’emergenza Covid-19, con particolare riferimento agli accordi sottoscritti con altri Ministri e con le singole Regioni, per massimizzare le risorse europee da destinare all’emergenza mantenendo il vincolo di destinazione territoriale delle risorse;
il Mezzogiorno, con le sue grandi isole, costituisce l’ideale piattaforma logistica europea sul Mediterraneo, rappresentando una vera e propria cerniera tra Europa, Africa e Asia. L’Italia e il Mezzogiorno, quindi, sono al centro di un sistema di rotte marittime che potrebbero essere notevolmente potenziate per facilitare gli scambi internazionali attraverso collegamenti ponte tra i diversi bacini marittimi europei;
il commercio marittimo è stimato in aumento con un tasso di crescita media annuale del 3,8 per cento tra il 2019 e il 2023 e il Mediterraneo rappresenta una via privilegiata per il traffico container, concentrando il 27 per cento dei servizi di linea mondiali. Ciò crea importanti opportunità di investimento per i Paesi in grado di offrire una moderna e integrata rete logistica di infrastrutture portuali e retroportuali accompagnata da una efficiente e moderna connettività per la mobilità stradale e ferroviaria capace di collegarsi con i principali corridoi europei;
investire sulle Autostrade del Mare ha permesso una notevole riduzione delle emissioni clima alteranti (dati del mit: 680 mila tonnellate di CO2 equivalente alle emissione annue di una città di 1 milione di abitanti). Oggi l’Italia è prima al mondo per principali flotte di navi «ferry» e «Ro-Ro Pax», con oltre 250 unità per più di 5 milioni di tonnellate di stazza. Seconda in Europa per traffico merci e «Ro-Ro» con crescita del 20,7 per cento 2014-2017. Un trend positivo sostenuto dallo Stato attraverso l’insieme degli incentivi e degli investimenti per la logistica intermodale («Marebonus», «Ferrobonus»), incentivi per terminalisti, sconto pedaggio, con particolare attenzione allo sviluppo della logistica dell’ultimo miglio;
Il Regolamento Europeo n. 1315 dell’11 dicembre 2013 mira a pianificare e sviluppare le reti trans-europee dei trasporti individuando alcuni progetti prioritari tra cui lo sviluppo dei 14 porti «core» della rete Ten-T. Rete Ferroviaria Italiana è impegnata nello sviluppo della fruibilità dei terminali merci, attraverso l’efficientamento delle condizioni di accesso all’infrastruttura e l’offerta integrata di servizi, con particolare riferimento ai servizi dell’ultimo miglio. Dei 14 porti «core», 10 risultano allacciati alla rete ferroviaria nazionale mentre ne sono ancora sprovvisti i porti di Bari, Augusta, Palermo e Cagliari. In data 6 agosto 2020 è stato sottoscritto il protocollo di intesa tra Rfi, l’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Orientale e la Regione siciliana, per lo sviluppo della progettazione relativa alla realizzazione del collegamento ferroviario tra l’area portuale di Augusta e la linea Catania- Siracusa, facente parte dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, sviluppando entro il 31 dicembre 2021 la progettazione definitiva;
il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha costituito una specifica Commissione di alto profilo, con il compito di esaminare le diverse soluzioni finalizzate al rafforzamento dei collegamenti tra la Calabria e la Sicilia;
il posizionamento strategico del territorio meridionale e un sistema di infrastrutture efficiente ed adeguato alle esigenze di mobilità di persone e di merci favoriscono l’attrazione di nuove iniziative imprenditoriali e, quindi, costituiscono uno straordinario fattore di sviluppo utile non solo per avviare processi di convergenza economica tra il Nord del paese e il Mezzogiorno. La crescente apertura dei mercati per le produzioni meridionali, e la possibilità del territorio di offrire sistemi logistici moderni ed efficienti a servizio dell’area mediterranea, sono opportunità per catturare e trattenere valore all’interno del sistema economico del Mezzogiorno e per promuovere la crescita su tutto il territorio nazionale;
è opportuno promuovere la realizzazione degli impianti di accumulo energetico, indispensabili per sostenere lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili in chiave ambientalmente sostenibile;
inoltre, l’importanza e la strategicità dello sviluppo della banda ultra-larga e dell’infrastrutturazione digitale per il Mezzogiorno che ancora non può ritenersi completa, una volta sviluppata potrà rendere più efficienti e trasparenti le amministrazioni e migliorare la qualità dei servizi erogati a cittadini e imprese, accelerando il processo di modernizzazione nei settori della giustizia, della salute, della scuola e dell’università e delle pubbliche amministrazioni in genere. L’emergenza Covid-19 ha messo in discussione il nostro attuale modello di sviluppo e decentrato i luoghi della produzione in molti settori lavorativi: lo smart working in quest’ottica – che numerosi studiosi e commentatori hanno rinominato south working – ha messo in luce sia le debolezze presenti in alcuni contesti territoriali (gap di rete o di offerte di servizi digitali) sia le grandi opportunità di sviluppo che il sud può cogliere in questo mutato contesto proprio dalle attività decentrate favorite dalla connessione a internet;
a livello infrastrutturale, un’altra criticità attiene alle strutture idriche: esse risalgono a più di 30 anni fa e le perdite nella rete si aggirano al Sud intorno al 45 per cento, a fronte del 26 per cento rilevato al Nord. È ormai improcrastinabile metter in atto in particolare in questi territori, un programma di manutenzione e riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico,
impegna il Governo:
1. a promuovere iniziative per il recupero del ritardo accumulato dall’Italia in Europa e per tenere insieme il Nord e il Sud del Paese in una strategia di crescita comune riattivando gli investimenti pubblici in infrastrutture al Sud e nelle isole quale modo più produttivo, per l’economia e la società italiane, di dare il giusto valore alle interdipendenze tra le due aree del Paese e favorirne la crescita;
2. ad assumere iniziative per attuare un meccanismo di perequazione infrastrutturale, già previsto nella legge n. 42 del 2009 di riforma del federalismo fiscale e contenuto all’articolo 3 delle bozze del disegno di legge quadro sul federalismo differenziato predisposto dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, per promuovere un piano di investimenti nelle grandi infrastrutture del trasporto stradale, ferroviario, portuale e aeroportuale;
3. ad adottare iniziative per investire nel Mezzogiorno d’Italia una quota delle risorse per l’infrastrutturazione almeno pari alla quota attuale del 34 per cento, introdotta dal decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, successivamente modificato dall’articolo 1, comma 310, della legge 27 dicembre 2019, n. 160;
4. a sfruttare il vantaggio competitivo naturale che il Mezzogiorno possiede quale piattaforma strategica al centro del Mediterraneo per intercettare i flussi commerciali e turistici in un’area sempre più al centro degli interessi dell’economia globale, specie dopo il raddoppio del Canale di Suez, e per proiettare l’Italia e l’Europa verso l’Africa e l’Asia;
5. ad assumere iniziative per rendere il Mezzogiorno la porta principale di accesso dal Mediterraneo all’Europa, irrobustendone il suo vantaggio logistico attraverso un piano di investimenti pluriennale per il potenziamento, l’ammodernamento e lo sviluppo delle grandi infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e digitali, promuovendo, a tal fine, i seguenti interventi infrastrutturali principali per unire il Paese e renderlo competitivo attraverso la realizzazione di corridoi di mobilità intermodale per le merci e le persone:
a) promuovere un piano dei trasporti per un’Italia ad alta velocità ferroviaria tutta connessa nell’asse nord-sud, est-ovest e isole, rivedendo i tracciati per trovare le soluzioni migliori valutando, preliminarmente, la conformazione orografica e la compatibilità dei territori, al fine di prolungare e completare le opere infrastrutturali sul versante tirrenico da Salerno fino a Siracusa e Palermo, passando da Reggio Calabria, ma anche di ripensare sul versante adriatico/jonico il collegamento Ancona-Bari, Bologna-Taranto e la Reggio Calabria-Taranto;
b) identificare le migliori tecnologie per garantire la realizzazione di un nuovo itinerario ad alta velocità sulle direttrici Salerno-Reggio Calabria, e Taranto Metaponto Potenza Battipaglia, sviluppando, in base all’articolo 208 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, coordinato con la legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, un progetto di fattibilità tecnico-economica per un’alta velocità che abbia caratteristiche tecnologiche e prestazionali innovative che considerino esplicitamente la realizzazione di una infrastruttura cosiddetta Larg (lean, agil, resilient, green);
c) ad individuare, all’esito del confronto con il Parlamento e con le altre Istituzioni anche locali, la soluzione che possa meglio rispondere alla domanda di mobilità da e per la Sicilia, coerentemente all’atto di indirizzo votato dalla Camera nell’ambito della discussione sul Recovery Fund, con la finalità di realizzare un collegamento stabile e veloce dello Stretto di Messina mediante la realizzazione di opere adeguate e mezzi idonei e sostenibili, in modo da porre definitivamente fine all’isolamento della rete dei trasporti siciliani da quella del resto del Paese estendendo, così, l’alta velocità fino a Palermo e Siracusa.
d) potenziare il corridoio Jonio-Adriatico per le merci, che è stato già scelto come corridoio merci in linea con il Rail Freight Corridor III deciso a livello di Unione europea, rendendo così competitivi i grandi porti industriali e commerciali del Mezzogiorno di Augusta, Gioia Tauro e Taranto per l’interscambio con le economie asiatiche e nord-africane;
e) adottare iniziative affinché l’Unione europea proceda alla rivisitazione della Rete Ten-T affinché tutta la Sardegna vi sia inclusa;
f) assicurare una moderna infrastrutturazione dei territori siciliani e calabresi, coinvolti dal flusso di trasporto legato all’attraversamento dello Stretto e favorire il rinnovo e l’impiego di mezzi navali moderni e veloci;
g) prevedere e garantire che i servizi di trasporto via mare da e per la Sardegna, sia dei passeggeri che delle merci, siano organizzati in regime di continuità territoriale marittima, al fine di ridurre lo svantaggio strutturale permanente dovuto all’insularità, in coerenza con la normativa europea;
h) completare la rete viaria interna della Sardegna attraverso l’attuazione degli interventi previsti dagli accordi Stato-regione e dal Patto per la Sardegna con l’obiettivo della integrazione dell’intera maglia viaria di collegamento tra i principali sistemi urbani dell’isola (S.S. Porto Torres-Cagliari e S.S. Sassari-Olbia);
i) completare la tratta ferroviaria Roccavindola-Isernia-Campobasso e il raddoppio ferroviario Termoli-Lesina in Molise;
j) prevedere, in tempi rapidi e utili, la progettazione e la realizzazione della nuova SS 106 da Sibari a Reggio Calabria ed il completamento delle trasversali che collegano il versante Jonico al versante tirrenico (A3 Contursi, SS7 var Lioni, A16 Grottaminarda, A14 Termoli) consentendo di porre fine all’isolamento atavico della costa jonica calabrese e consentendone il rilancio sotto il profilo sociale ed economico produttivo;
6. ad adottare le iniziative di competenza per manutenere e potenziare tutta la rete dei collegamenti intra-regionali stradali e ferroviari per garantire una maggiore accessibilità alle vie di comunicazione nazionali principali e ai corridoi internazionali così da avvicinare le aree periferiche alle direttrici della mobilità nazionale e internazionale di persone e merci;
7. migliorare la rete viaria secondaria di Province e Città metropolitane nel Mezzogiorno, attraverso procedimenti attuativi che incidano sui fabbisogni reali e sulla selezione delle priorità realizzative, promuovendo il rafforzamento delle stazioni appaltanti provinciali;
8. promuovere tutte le iniziative di carattere regolamentare, amministrativo e gestionale per sbloccare gli interventi infrastrutturali finanziati ma non avviati, e velocizzare tutti quelli avviati, ma che procedono a rilento accumulando gravi ritardi;
9. cogliere appieno le opportunità offerte dal nuovo programma di finanziamento dell’Unione europea, interamente dedicato alla trasformazione digitale per il periodo 2021-2027, affiancando inoltre gli strumenti previsti dal Recovery Plan e dal Green Deal europeo al fine di accrescere e massimizzare i vantaggi della trasformazione digitale per cittadini, pubbliche amministrazioni e imprese del Mezzogiorno;
10. ad adottare iniziative per istituire un osservatorio sui prezzi praticati dai principali vettori di mobilità aerea, ferroviaria e marittima onde evitare politiche tariffarie che penalizzino l’utenza meridionale nei periodi coincidenti con i maggiori flussi durante l’anno;
11. ad adottare iniziative per istituire un «bonus alta velocità» da erogare a favore dei viaggiatori con lo scopo di promuovere l’erogazione di servizi ferroviari con caratteristiche di alta velocità su tratte tradizionali e di incrementare l’accessibilità territoriale ferroviaria nel Mezzogiorno;
12. a verificare il rispetto da parte di Trenitalia degli impegni assunti nel contratto di servizio Media e Lunga percorrenza 2017-2026 per porre rimedio all’annoso problema del rinnovo del materiale rotabile e del miglioramento della qualità complessiva dei servizi relativi ai treni a lunga percorrenza, per aumentare affidabilità e qualità dei servizi e recuperare margini di appetibilità della clientela, in particolare nel Sud Italia; in sede di revisione dell’offerta, attivare misure volte al potenziamento del meccanismo di rilevazione della qualità e del grado di soddisfazione al fine di registrare sistematicamente le peculiarità e le criticità delle diverse aree del Paese sia per quanto concerne la regolazione delle sanzioni in essere;
13. ad adottare iniziative per dare impulso a regimi amministrativi e fiscali di vantaggio per le imprese che decidono di localizzare i propri insediamenti produttivi nel Mezzogiorno, con particolare riguardo alle zone economiche speciali per favorire l’attrazione di imprese nazionali ed estere, e favorire la costruzione di filiere radicate sul territorio in grado di far crescere le piccole e medie imprese meridionali e sostenere il riposizionamento strategico delle imprese meridionali attraverso un maggiore orientamento verso l’export;
14. a promuovere un aggiornamento del Patto per lo sviluppo della Regione Sardegna firmato il 29 luglio 2016, ai fini della attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 60, comma 6, del decreto-legge n. 76 del 16 luglio 2020, convertito con modificazione con legge n. 120 dell’11 settembre 2020, promuovendo la realizzazione delle infrastrutture necessarie a garantire l’approvvigionamento di gas metano all’Isola ai fini del rilancio delle attività produttive a prezzi sostenibili e in linea con quelli del resto d’Italia, assicurando al contempo la compatibilità con l’ambiente e l’attuazione degli obiettivi del PNIEC in tema di rilancio industriale, di decarbonizzazione dei consumi e di phase out delle centrali a carbone, a condizioni di sicurezza e di prezzo per i cittadini e le imprese sarde analoghe a quelle di altre regioni italiane, promuovendo altresì lo sviluppo della concorrenza al fine di ridurre il prezzo della fornitura;
15. a promuovere importanti interventi di logistica e industriali nei porti e interporti strategici del Sud così da dotarli delle infrastrutture necessarie per farne snodi fondamentali per i nuovi flussi commerciali nel Mediterraneo e rispondere alla perdita del sistema portuale italiano del 2 per cento delle quote di mercato continentale negli ultimi 10 anni rispetto ai porti del nord Europa e agli altri porti del Mediterraneo che hanno guadagnato il 7 per cento, tenendo presente che è di estrema importanza a questo riguardo il potenziamento dei porti del Mezzogiorno in termini di poli logistici intermodali attraverso una maggiore integrazione con il sistema aeroportuale e quello dei collegamenti terrestri, con particolare attenzione alle infrastrutture ferroviarie portuali per il consolidamento e l’estensione del sistema della mobilità collegato ai corridoi internazionali per un agile movimentazione e trasporto delle merci;
16. a favorire la digitalizzazione e la semplificazione delle procedure nella gestione del traffico portuale di persone e merci e il potenziamento delle autostrade del mare verso il resto dell’Europa e dell’Africa e in particolare ottimizzare il collegamento ferroviario tra l’area portuale di Augusta e la linea Catania-Siracusa, attraverso una revisione del tracciato della linea Catania-Siracusa, consentendo il raggiungimento di adeguati standard di sicurezza in previsione di un maggior flusso merci e la riduzione dei tempi di percorrenza sulla tratta Catania-Siracusa;
17. a promuovere un piano strategico per gli aeroporti per garantire una maggiore competitività del Mezzogiorno nel settore turistico attraverso una migliore accessibilità per rendere più agili i collegamenti infrastrutturali con i poli turistici a più alto potenziale e una più efficace capacità di attrarre quote più rilevanti dei flussi turistici internazionali;
18. a predisporre una programmazione organica in cui le infrastrutture da realizzare ex novo, da completare e da manutenere indicate nella presente risoluzione, siano affiancate da una puntuale previsione delle fonti di finanziamento, con particolare riguardo alle risorse previste nel Piano nazionale dei trasporti e nel Piano per il Sud a valere sul Quadro finanziario pluriennale 2021-27 (123 miliardi di euro), a quelle che saranno riconosciute all’Italia dallo strumento europeo di emergenza per la ripresa Next Generation EU (Recovery Fund) e ai contratti con Rfi e Anas;
19. ad adottare iniziative volte al potenziamento e all’ammodernamento della rete stradale autostradale e statale delle Regioni del sud d’Italia e in particolare attraverso la realizzazione del progetto «Green Roads», al fine di implementare il sistema delle infrastrutture del Mezzogiorno e facilitare la mobilità intermodale per le merci e le persone con le altre regioni italiane e con l’Europa;
20. ad adottare iniziative per promuovere la realizzazione degli impianti di accumulo energetico, indispensabili per sostenere lo sviluppo delle rinnovabili in chiave ambientalmente sostenibile, al fine di definire nel breve termine uno specifico meccanismo di supporto che consenta di superare gli attuali elementi ostativi alla realizzazione delle nuove infrastrutture idroelettriche a pompaggio, in piena coerenza con gli obiettivi e le tempistiche indicati nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, privilegiando in via esclusiva i progetti finalizzati alla realizzazione di impianti di accumulazione che prevedano lo sfruttamento di bacini superiore ed inferiore preesistenti senza la necessità di effettuare ulteriori opere civili per sopperire alla loro assenza;
21. a porre in essere tutte le azioni di competenza volte ad aumentare la dotazione di personale qualificato a disposizione delle amministrazioni locali promuovendo un ricambio generazionale e di competenze, al fine di sviluppare la progettualità e utilizzare in modo rapido ed efficace le ingenti risorse che messe in campo da questo Governo avendo una attenzione particolare per gli enti locali attualmente in dissesto;
22. ad adottare le necessarie iniziative finalizzate al riammodernamento del sistema infrastrutturale idrico del Mezzogiorno, al fine di contenere gli sprechi, assicurare gli approvvigionamenti a famiglie e imprese, e consentire il rilancio dell’agricoltura quale settore strategico per il Sud.
(8-00091) «Bruno Bossio, Ficara, Nobili, Deiana, Scagliusi, Pezzopane, Gariglio, Fregolent, Del Basso De Caro, Cantini, Pizzetti, Andrea Romano, Bordo, De Luca, Frailis, Lacarra, Gavino Manca, Miceli, Mura, Navarra, Ubaldo Pagano, Raciti, Siani, Topo, Viscomi, Luciano Cantone, Barbuto, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Grippa, Marino, Raffa, Serritella, Spessotto, Termini, Ilaria Fontana, Daga, D’Ippolito, Di Lauro, Federico, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Terzoni, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi, Maglione».