Il mio intervento nella discussione sulla conversione in legge del decreto per l’attuazione del PNRR
Nell’ambito della conversione in legge del decreto per l’attuazione del PNRR con l’emendamento promosso dal PD, abbiamo voluto inserire la realizzazione di un sistema digitale semplificato per l’erogazione e la gestione di programmi di welfare, che prevedano bonus per l’acquisto di beni e servizi.
Un ulteriore passo avanti dunque per amministrazioni e cittadini.
La Componente 1 della Missione digitalizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza infatti ha l’obiettivo di digitalizzare i maggiori processi della Pubblica Amministrazione, anche con riferimento ai rapporti con i cittadini, al fine di garantire servizi sempre più efficienti e facilmente accessibili, migliorandone anche l’esperienza d’uso.
A tal fine, il nuovo l’art.28bis, dispone la digitalizzazione e standardizzazione del processo di riconoscimento ed erogazione di benefici economici pubblici, in coerenza, del resto, con quanto richiesto anche nel documento delle Camere “sulla riforma delle imposte che individua anche l’opportunità di un “istituire un meccanismo volontario di erogazione diretta del beneficio – a fronte del pagamento con strumenti tracciabili – con l’ausilio degli strumenti tecnologici a disposizione”.
Nell’articolo dunque si dispone che l’attribuzione di benefici economici, comunque denominati, attribuiti da un’amministrazione pubblica a favore di persone fisiche o giuridiche residenti nel territorio dello Stato e destinati a specifici acquisti da effettuarsi presso POS fisici o virtuali.
L’implementazione del sistema è affidata alla Società pubblica PagoPA S.p.A, che già ha progettato e gestito l’infrastruttura di base, su cui poggerà il sistema, con un meccanismo già conosciuto con il Programma Cashback: si tratta del Centro Stella dei pagamenti elettronici – integrato con l’App IO, che ne è l’interfaccia mobile.
Dunque un asset tecnologico dello Stato che ben può essere valorizzato per nuovi e ulteriori programmi d’interesse collettivo, garantendo, per un verso, l’immediata erogazione per i cittadini e le imprese e, d’altra parte, la tracciabilità e, dunque, la possibilità di verifica immediata rispetto a possibili frodi.
In questi anni abbiamo visto il proliferare di canali, modalità e strumenti per riconoscere i bonus: una complessità gravosa per le amministrazioni e dispersiva per le persone, spesso inefficiente. Ogni volta un Comune o una amministrazione centrale si ritrova costretta a costruire un meccanismo specifico di erogazione e ogni volta le persone sono obbligate a districarsi tra diverse modalità, spesso farraginose, per accedere ad un diritto.
Il nostro obiettivo è mettere a disposizione delle amministrazioni e dei cittadini, attraverso questo nuovo sistema, la possibilità di utilizzare una piattaforma digitale che permetta in modo semplice di attivare, erogare ed accedere a programmi di welfare. Le PA potranno così scegliere di ricorrere a tale piattaforma con i cittadini che potranno beneficiare dei bonus in modo facile, direttamente al momento dell’acquisto del bene o del servizio per cui è prevista l’agevolazione. Tutto ciò semplicemente pagando con strumenti elettronici e vedendosi rimborsato l’equivalente del beneficio a cui hanno diritto.
La tecnologia e il digitale di cui tanto parliamo sono utili quando aiutano a migliorare la vita delle persone e rendere più efficiente l’azione dello Stato. Per questo apprezziamo particolarmente il sostegno che il Governo e il ministro Colao hanno voluto dare a questa nostra proposta, in coerenza con l’impostazione chiesta dalle Camere in occasione dell’approvazione del Piano italiano di Ripresa e Resilienza.
E in questo senso va anche la realizzazione annunciata ieri della Piattaforma Digitale Nazionale dei Dati che, realizzerà una piena ‘interoperabilità” tra le banche dati a partire da quelle dell’Agenzia dell’Entrate, dell’Inps e dell’Anagrafe della popolazione con un duplice effetto: da una parte gli enti si scambieranno in sicurezza i dati senza richiederli, dall’altra il cittadino non dovrà fornire nuovamente informazioni che la PA già possiede.
Ogni cittadino non dovrà più conservare scartoffie ma avrà il cassetto digitale per atti A che farà da interfaccia tra i cittadini e la PA, consentirà eventuali pagamenti e conserverà atti e notifiche, anche a valore legale.
Se come viene detto da più parti sono i dati il nuovo petrolio di questo millennio, sono i dati senza dubbio, le fondamenta su cui andare a costruire una nuova pubblica amministrazione.
I dati anagrafici sono la base per erogare un qualunque servizio al cittadino, sono un pezzo importantissimo ma ovviamente non è l’unico pezzo che serve.
Il digitale è un ecosistema fatto di informazioni, tecnologie innovative(IA) connettività competenze
Per erogare servizi sarà necessario che le pubbliche amministrazioni accedano anche a dati in possesso di altre pubbliche amministrazioni.
Interoperabilità
La Piattaforma Nazionale Dati per renderà strutturale l’interoperabilità dati tra PA.
Dovremmo cominciare veramente a vedere la PA come un unico soggetto dal punto di vista logico e non invece come migliaia di amministrazioni centrali e locali ognuna autonoma e indipendente dalle altre. I dati ne diventano così l’elemento unificatore.
Dobbiamo fare dei prossimi dieci anni il decennio digitale europeo.
Il digitale non è un insieme di tecnologie più o meno innovative, ma la piattaforma abilitante per lo sviluppo economico e sociale del Paese.
D’altra parte non è un caso che Il 27% delle risorse dirette del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono dedicate alla transizione digitale.
Il nostro PNRR, oggi arricchito dal decreto approvato in commissione, vuole mettere l’Italia nel gruppo di testa in Europa entro il 2026.
Per fare ciò pone cinque ambiziosi obiettivi:
1. Diffondere l’identità digitale, assicurando che venga utilizzata dal 70% della popolazione;
2. Colmare il gap di competenze digitali, con almeno il 70% della popolazione che sia digitalmente abile;
3. Portare circa il 75% delle PA italiane a utilizzare servizi in cloud;
4. Raggiungere almeno l’80% dei servizi pubblici essenziali erogati online;
5. Raggiungere, in collaborazione con il Mise, il 100% delle famiglie e delle imprese italiane con reti a banda ultra-larga.
Il digitale è dunque la soluzione in grado di accorciare drasticamente le “distanze” tra enti e individui e ridurre i tempi della burocrazia.
Per fare ciò, da un lato si deve agire sugli aspetti di “infrastruttura digitale”, spingendo la migrazione al cloud delle amministrazioni, accelerando l’interoperabilità tra gli enti pubblici, snellendo le procedure secondo il principio “once only” (secondo il quale le pubbliche amministrazioni devono evitare di chiedere a cittadini ed imprese informazioni già fornite in precedenza) e rafforzando le difese di cybersecurity.
Dall’altro lato estendere i servizi ai cittadini, migliorandone l’accessibilità e adeguando i processi prioritari delle Amministrazioni Centrali agli standard condivisi da tutti gli Stati Membri della UE.
Questo sforzo sul lato dell’offerta, da parte della PA, di un servizio digitale performante è accompagnato da interventi di supporto per l’acquisizione e l’arricchimento delle competenze digitali (in particolare quelle di base), realizzati in coordinamento con le altre Missioni (in primo luogo la Missione 4 che include ad esempio interventi dedicati alle competenze STEM e interventi di rafforzamento degli ITS).
L’Italia sta recuperando il ritardo ma deve accelerare ancora.
Per l’edizione 2021 dell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI) l’Italia si colloca al 20º posto fra i 27 Stati membri dell’UE. Lo scorso anno eravamo 25 esimi
Nel corso del 2020 l’Italia ha compiuto alcuni progressi in termini di copertura delle reti ultraveloci ma è significativamente in ritardo rispetto ad altri paesi dell’UE in termini di capitale umano.
La percentuale di utenti online italiani che utilizzano servizi di amministrazione online è aumentata dal 30 % nel 2019 al 36 % nel 2020, ma è ancora nettamente al di sotto della media UE.
Anche l’uso dei fascicoli sanitari elettronici da parte dei cittadini e degli operatori sanitari rimane disomogeneo su base regionale.
La maggior parte delle piccole e medie imprese italiane (il 69 %) ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, una percentuale in questo caso al di sopra della media UE (60 %). Merito anche dell’uso della fatturazione elettronica, sebbene permangano lacune nell’uso di tecnologie quali i big data e l’intelligenza artificiale.
Nel 2020 e nel 2021 si è registrata una forte accelerazione nell’adozione di importanti piattaforme abilitanti per i servizi pubblici digitali. Il numero di identità digitali emesse (SPID,) ha raggiunto i 20 milioni in aprile 2021, con un aumento del 400 % rispetto ad aprile 2019; le amministrazioni pubbliche che utilizzano lo SPID hanno toccato quota 7 420, con un aumento dell’80 % rispetto al 2020.
L’app IO è stata lanciata in aprile 2020 come punto di accesso unico ai servizi pubblici digitali, anche tramite smartphone; un anno dopo, in aprile 2021, aveva fatto registrare 11 milioni di download.
Il governo ha reso obbligatorio l’utilizzo dell’app IO per
accedere ad alcuni incentivi finanziari, con l’obiettivo di incoraggiare l’uso di strumenti digitali da parte dei cittadini. Questa iniziativa è stata determinante per il buon esito dell’introduzione dell’app.
Si sono registrati anche significativi progressi nella realizzazione dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), che mira ad aumentare l’efficienza consolidando in un unico registro i
dati anagrafici sparsi tra le varie amministrazioni.
Se dovessi dire qual è il progetto più importante avviato finora nella pubblica amministrazione e se mi venisse chiesto di dare una sola risposta non avrei dubbi e indicherei senza ombra di dubbio ANPR, l’anagrafe nazionale della popolazione residente.
Era un progetto in agonia, ma da quando è stato preso in carica cinque anni fa dall’allora commissario Diego Piacentini e dal Team Digitale è diventato un gran bel progetto di successo.
Avere un’unica banca dati di tutti dati anagrafici della popolazione dei comuni italiani ha voluto dire superare la logica delle singole anagrafi comunali per andare a costruire un pezzo fondamentale dell’infrastruttura dati necessaria all’intera pubblica amministrazione per erogare servizi.
Si prevede che sarà adottata da tutti i comuni entro il 2021.
Inoltre, a giugno 2020 il governo ha lanciato una nuova piattaforma del Piano Banda Ultralarga, che aumenta la quantità di dati aperti messi a disposizione dei cittadini e di altri utenti. Nel complesso, l’Italia ha continuato a migliorare i servizi pubblici digitali per i cittadini e le imprese.
Si prevede che le iniziative legislative intraprese promuovano l’adozione di piattaforme abilitanti da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, comprese quelle locali. La piena diffusione dell’app IO, combinata con il rafforzamento delle competenze digitali tra la popolazione, potrebbe anche contribuire a un graduale aumento dell’adozione dei servizi pubblici digitali da parte di cittadini e
imprese. Gli sforzi di semplificazione, i provvedimenti volti a garantire l’interoperabilità e lo sviluppo di capacità nella pubblica amministrazione sono tutte importanti misure complementari per
promuovere e rafforzare la digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici.
Ma investimenti anche cospicui in questo settore, potrebbero non bastare se non sono guidati da politiche corrette e coerenti che mirino a:
- identificare gli obiettivi più trainanti;
- misurare la performance delle iniziative attuate e in corso;
- assicurare la continuità operativa e l’aggiornamento delle realizzazioni;
- implementare gli eventuali correttivi;
- generare alti livelli di competenze digitali di P.A., cittadini e imprese.
Le indagini svolte in ambito Ocseportano a constatare che i Paesi che intendono emergere nella diffusione e nell’uso delle tecnologie digitali si concentrano su specifici obiettivi di policy digitale, fra cui:
- stimolare la crescita dell’uso di Internet da parte di cittadini e imprese lungo tutte le linee di età, istruzione, reddito e dimensioni dell’azienda;
- promuovere la capacità di abbracciare la trasformazione digitale come motore principale della forte performance economica nel tempo, anche attraverso la revisione dei modelli di business tradizionali;
- ristrutturare il sistema dell’istruzione a tutti i livelli, dalle scuole primarie, all’università (rivedendo la decretazione ministeriale sul sistema dei “crediti” ormai antiquata) e alla formazione continua e online per accrescere le competenze digitali e i soft-skill, non solo nel settore delle discipline STEM ma in modo trasversale;
- mirare a divenire forti esportatori di servizi ICT nel mondo, trasformando nel decennio l’economia industriale in economia della conoscenza, con effetto di crescita e trasformativo dei modelli di impresa, come già si osserva nei paesi leader nell’uso del digitale
Questa trasformazione è fra gli elementi trainanti dello sforzo, che caratterizza tutti i Paesi leader nel digitale, sostenuta dalla crescita delle competenze digitali a tutti i livelli della società.
Se l’obiettivo prioritario del progetto next generation eu è dare una prospettiva di futuro soprattutto ai nostri giovani, le competenze digitali di base e avanzate saranno fondamentali per aumentare la resilienza collettiva della nostra società: solo dei cittadini dotati di autonomia e capacità digitali e una forza lavoro con elevate competenze digitali potranno plasmare il proprio destino ed essere decisi e sicuri dei propri mezzi, valori e scelte.
La formazione e l’istruzione in campo digitale dovrebbero sostenere la forza lavoro, consentendo alle persone di acquisire competenze digitali specialistiche con l’obiettivo di ottenere posti di lavoro di qualità e intraprendere percorsi professionali gratificanti, con una forte convergenza tra donne e uomini.
Per dirlo con le parole di Ursula Von der Lyen durante il discorso sullo stato dell’unione del 2020:
“immaginate per un attimo come sarebbe la nostra vita durante questa pandemia se non avessimo Avuto il digitale.
Del resto, come ben sappiamo, così fu 100 anni fa per chi si trovò ad affrontare l’ultima grande pandemia.”
Un secolo dopo, la tecnologia moderna è giunta a consentire ai giovani di apprendere a distanza e a milioni di persone di lavorare da casa, alle aziende di vendere i loro prodotti, alle fabbriche di continuare a funzionare e alla pubblica amministrazione di fornire a distanza servizi pubblici essenziali. Abbiamo visto svolgersi nell’arco di poche settimane un processo di innovazione e trasformazione digitale.
Stiamo ormai raggiungendo i limiti di ciò che possiamo fare in modo analogico. Ma la grande accelerazione è soltanto agli inizi”.
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