Sono intervenuta ad un interessante dibattito sulle questioni relative alle norme che regolano lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose con il Procuratore Antonio Vincenzo Lombardo, parlamentari, sindaci e rappresentanti di organizzazioni professionali ed il Viceministro dell’Interno Filippo Bubbico.
Nel mio intervento ho messo in evidenza come sia, a mio parere, necessario apportare alcuni correttivi alla normativa attuale, in particolare nella parte che assegna eccessivo potere discrezionale al Ministro dell’Interno. Si è infatti spesso verificata una evidente discrasia tra le decisioni assunte dal Ministro e le relazioni delle commissioni di accesso e dei prefetti. È questo elemento che ha determinato spesso l’annullamento di numerosi provvedimenti di scioglimento da parte dei TAR.
Credo, infatti, che il meccanismo di scioglimento debba basarsi su presupposti il più oggettivi possibili proprio al fine di evitare contenziosi i cui oneri ricadono sullo Stato e creano danni alle comunità interessate.
Tuttavia, al di là delle possibili correzioni che rendano meno discrezionale possibile la scelta di sciogliere un comune, il problema da affrontare è quello, nella fase commissariale, di come lo Stato si fa carico non solo di amministrare l’ordinaria amministrazione ma anche di ricostruire il tessuto democratico di una comunità.
Altrimenti lo scioglimento diventa un fatto burocratico e, nello stesso tempo, non risana la frattura democratica che l’infiltrazione della criminalità organizzata ha prodotto nella comunità. Tutto ciò significa anche un maggiore impegno di risorse economiche. Il caso di Platì, sotto questo punto di vista, è emblematico.
Il tema è, dunque, quanto lo Stato vuole investire nella ricostruzione della democrazia nei comuni colpiti dal commissariamento per infiltrazioni della criminalità organizzata, perché è la democrazia l’arma fondamentale della lotta contro le mafie.
RASSEGNA STAMPA
Gazzetta del Sud del 5 luglio 2015
