De Magistris e Genchi hanno riempito chili di carta con le loro illazioni sulle «intestazioni fittizie» delle sim degli indagati. Ma se nel mirino c'erano i colleghi...Gioacchino Genchi (nella foto), il «signore che ha spiato 350 mila persone» (copyright Silvio Berlusconi), è oggi un nome noto in maniera direttamente proporzionale a quello di un altro pilastro del “partito verità e giustizia”, Luigi De Magistris, ex pm, oggi europarlamentare Idv. Fu infatti proprio “Gigineddu flop” (dal nomignolo affibbiatogli in Calabria per i continui insuccessi delle inchieste) a conferire il primo incarico a Genchi, il 17 febbraio 2006: l'analisi del traffico telefonico nell'inchiesta Poseidone (una delle tante demolite nel prosieguo dell'iter giudiziario, ma non è questo che importa qui).Ebbene, capita di notare come, nell'impressionante montagna di carte consegnate alla storia dalla strana coppia, spesso al centro dell'attenzione vi fosse il fatto che le utenze telefoniche degli indagati erano intestate ad altri. Tra l'allora pm e il suo consulente di fiducia era un continuo interrogarsi sul perché alcuni indagati delle inchieste maggiori (Poseidone, Toghe lucane, Why not) si servissero di schede riconducibili ad altri. Vediamo il caso Poseidone: Genchi, nella consulenza consegnata a De Magistris, sottolineava la particolarità delle intestazioni «fittizie» (sic) dei telefoni che usavano, ad esempio, l'ex governatore della Calabria Giuseppe Chiaravalloti (oggi vicepresidente dell'Agcom): «La sua sim è ancora intestata alla Regione nonostante Chiaravalloti non sia più governatore». Anche la figlia di Chiaravalloti, Caterina, giudice d'appello a Catanzaro, aveva una scheda intestata a tale Carlo Galiano, uno che neppure sapeva di avere quel telefono intestato. Idem per un altro sostituto procuratore, Pietro D'Amico, il cui telefono risultava intestato a un tizio di Varese, e per i centralini della procura di Catanzaro, intestati addirittura al municipio del capoluogo calabrese. E così via, mentre qualcosa evidentemente scattava nella mente di De Magistris e Genchi.
Donatella, ovvero H. J. Woodcock
Ma che si fa se, incrociando altri documenti del frastagliato sistema De Magistris, viene fuori che pure fior di magistrati della “resistenza” disponevano di schede intestate ad altri? Probabilmente nulla, almeno finché il codice penale non introdurrà il reato di “intestazione fittizia di utenza telefonica”. Ma il fatto resta. Esempi? In uno degli innumerevoli incontri tra De Magistris e i colleghi di Salerno che indagavano su di lui per fuga di notizie e abuso d'ufficio in concorso, il pm Nuzzi gli chiede se conosca una serie di numeri telefonici con cui era entrato in contatto. E De Magistris risponde, senza che “l'intestazione fittizia” lo turbi minimamente.
Tra il 22 e il 23 aprile 2008, Nuzzi chiede se l'allora collega sappia di chi sia il tal numero intestato a Maurizio Alessandro Aleo, che il 1° aprile del 2007 alle ore 20,13 lo ha contattato sull'utenza privata. De Magistris controlla: è di Armando Spataro, procuratore aggiunto di Milano. Una chiamata di solidarietà per lo “scippo” delle indagini subìto, spiega il futuro eurodeputato. E chi era la Donatella Valvano che compariva spesso nei tabulati e che chiamò il 29 marzo 2007 alle 15,36 e alle 19,01? Era in realtà Henry John Woodcock, ammette De Magistris. Cosa volesse il collega potentino, dal verbale non si capisce, ma nei fatti i due si videro diversi volte, a Bari, a Palermo e altrove. Interessi comuni, si disse. In effetti, dopo circa un'ora e mezza è registrata una telefonata dal numero di Nicola Tammone. Utilizzato – rivela De Magistris – da Alberto Iannuzzi, il gip di Potenza che doveva valutare i suoi atti proprio nell'indagine sui magistrati del capoluogo lucano, dove Woodcock prestava servizio. Illazioni? Ovvio. Ma su cosa si concentravano le indagini condotte da De Magistris con l'ausilio tecnico-scientifico di Genchi?
Sono molti altri i casi: c'era un esponente del Csm, Livio Pepino, che telefonava a De Magistris da un numero intestato a Eleonora Guzzo. C'erano i segretari nazionali e distrettuali di Magistratura democratica, giudici di Napoli e Crotone. Insomma, era un festival di telefonate dai nomi variopinti, cui però né Genchi né altri hanno mai fatto caso. Come sempre, dipende da quale lato della scrivania sei seduto in quel momento.
Peppe Rinaldi
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